Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Pfas, la Regione chiede lo stop agli impianti Miteni «Nuovi controlli o chiude»
Maxi inquinamento, partita la diffida. L’azienda: collaboriamo
TRISSINO (VICENZA) «La commissione tecnica regionale chiede l’avvio del procedimento di sospensione di tutti gli impianti della Miteni». Letta così, la comunicazione che ieri ha dato la Giunta veneta sembra un inevitabile preludio a una chiusura, a breve, dell’industria chimica dell’Ovest Vicentino al centro della vicenda degli Pfas, i composti chimici che contaminano la falda di tre province (anche Bassa Veronese e Bassa Padovana). Ma, in realtà, quello della Regione ha più l’aria di un ultimatum, visto che è l’annuncio di una diffida formale: entro 30 giorni la società dovrà accertare la presenza o meno di perdite in tutti gli impianti, per poi comunicarle ad Arpav, che farà proprie verifiche. E, se le spiegazioni non saranno soddisfacenti, ci sarà «la revoca dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia)». L’industria chimica dovrà chiudere.
E’ dei giorni scorsi l’allarme circa il composto GenX, un tipo di acido contenuto in rifiuti provenienti dall’Olanda e trattati (in base ad un’autorizzazione regionale) da Miteni dal 2014. Il GenX è considerato analogo al Pfoa (composto perfluoro-alchilico considerato nocivo). Emerso il caso, la Provincia di Vicenza ha revocato l’autorizzazione ad operare del singolo impianto di Miteni che lo trattava. E l’Arpav ha svolto verifiche, scoprendo che il GenX era presente dove non avrebbe dovuto esserci: in falda. L’inquinamento sarebbe comunque localizzato in un’area ristretta. «Le attività di monitoraggio attuate da Arpav nel periodo maggio/luglio – fanno sapere dalla Giunta regionale – e tuttora in corso sulle acque sotterranee ad oggi non evidenziano la necessità di adottare provvedimenti nelle aree di captazione delle acque ad uso idropotabile, essendo la presenza di GenX circoscritta all’intorno del sito Miteni». Fatta la premessa, come riporta la nota regionale, si passa all’azione: è previsto che «la Provincia di Vicenza emani formale diffida nei confronti di Miteni ad eseguire entro 30 giorni le verifiche sulla tenuta/funzionalità di tutti gli impianti presenti nel sito Miteni», con l’obiettivo di accertare «eventuali fuoriuscite che possono contaminare la falda». Quanto dichiarerà l’industria verrà poi passato sotto la lente di Arpav e del comitato regionale in base alla direttiva Seveso. «Le verifiche dovranno essere eseguite in contraddittorio» avvertono dalla Regione, e «in caso di inadempienza» dell’azienda stessa ci sarà la revoca dell’autorizzazione che permette alla fabbrica (che ha 130 dipendenti ed è in concordato di continuità) di lavorare.
Pur in mancanza di ulteriori chiarimenti (chiesti e non ottenuti) dalla Giunta, è evidente che la possibilità di una chiusura dell’intero sito è concreta: fra qualche settimana potrebbe arrivare il provvedimento auspicato da anni da comitati di mamme, ambientalisti e gruppi politici (in primis il Movimento 5 Stelle). L’azienda respinge ogni accusa: «Arpav è venuta 103 volte in stabilimento nel ultimi 18 mesi e, se ora vuole controllare anche la tenuta dei tubi, avrà piena collaborazione». Tendendo la mano, Miteni non fa mancare una stilettata: «Rileviamo come la vicenda del ritrovamento di nanogrammi di GenX sia straordinariamente tempestiva» arrivando «proprio il giorno successivo al rapporto dell’agenzia dell’Unione Europa sulle centinaia di tonnellate di Pfas utilizzate ogni anno in Veneto». I sindaci, sul territorio, mostrano prudenza. «E’ molto semplice, Miteni ha 30 giorni per spiegare perché quella sostanza è in falda. I tecnici di Arpav poi decideranno se le giustificazioni sono valide o no» commenta il trissinese Davide Faccio (Lega). Il sindaco della vicina Chiampo e consigliere provinciale Matteo Macilotti, che ha la delega all’Ambiente, precisa che «l’attività di Miteni continua. La vera novità ora è che le verifiche riguarderanno tutti gli impianti e tubazioni per capire se ci sono perdite».
Intanto, in parallelo, va in scena un botta e risposta fra l’assessore all’Ambiente Giampaolo Bottacin e l’associazione Greenpeace Italia che, ieri mattina, ha accusato la Regione di non aver posto «alcun limite agli sversamenti di GenX». Per l’assessore è del tutto falso: «L’autorizzazione è stata rilasciata conformemente a tantissime altre e vieta lo scarico delle acque di lavorazione».