Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Dai tosaerba al tetrapak la preoccupazione dei manager: «Così stop alla ripresa in corso »
TREVISO Una sala congressi (quella del Bhr Hotel di Treviso) e un auditorium (quello di Confindustria Padova) stipati come non si vedeva da tempo. Tutti a prendere appunti sul mondo del lavoro che sarà nell’era del Decreto Dignità. Sono soprattutto giovani e manager ma non mancano gli imprenditori. Sono in molti quelli che hanno voglia di dire la loro. Come Massimo Bottacin, direttore delle risorse umane per il gruppo Stiga, una media di 1750 dipendenti con stabilimenti in Veneto, Slovacchia e Cina. I leader europei dei tosaerba sono partiti da Castelfranco ma si sono allargati e, non a caso, parlano di «dipendenti medi», il numero cambia con le stagioni. «I tosaerba - spiega Bottacin si comprano in primavera e si fanno in inverno. Quindi i provvedimenti che esautorano i contratti a temine ci mettono in forte difficoltà. Fa arrabbiare il presupposto che gli imprenditori sfruttino la manodopera. Con i sindacati, in questi anni, abbiamo condiviso percorsi di flessibilità». Stiga oscilla fra 1100 e 2000 dipendenti in un anno di cui dai 650 ai 900 in Italia. E i dipendenti a tempo determinato, spiega Bottacin, «sono persone formate e fidelizzate, ad esempio molte donne, mamme, zie e a volte nonne che lavorano volentieri durante l’autunno e l’inverno e poi hanno il tempo di accudire figli e nipoti in estate, a scuole chiuse. Ora per attenuare il problema stiamo arrivando al numero massimo di tempi indeterminati che possiamo permetterci scegliendo la formula del part time verticale su 8 mesi. Stiamo assumendo 45 persone ma di più non potremo fare. E aggiungo che quando l’Inps parla di 8000 posti di lavoro a rischio si tratta di una stima ridicola, saranno molti di più».
Parole dure, che fa sue anche Antonella Candiotto di Galdi, un’azienda che produce a Paese di Treviso macchinari ad esempio per l’imbottigliamento in tetrapak: «Siamo molto preoccupati perché sembra che questo decreto vada contro le aziende proprio in un momento in cui potremmo capitalizzare il duro lavoro degli anni scorsi. Con il governo Gentiloni ci siamo sentiti capiti e supportati al pari dei nostri competitor europei, ora davanti alle fluttuazioni di mercato siamo soli».
Fra i territori poco esplorati che potrebbero patire particolarmente gli effetti delle nuove norme ci sono i servizi nel sociale. «Per noi i voucher erano fondamentali - spiega Giuseppe Possagnolo di Coop Castelmonte che si occupa di assistenza ad anziani e disabili ma anche di un servizio ambulanze - invece ora ci ritroveremo a gestire servizi di 4-8 ore senza questo strumento».
E nel terzo settore c’è persino chi ha un’agenzia di comunicazione che dà lavoro a una decina di persone a preoccuparsi: «Siamo qui per capire a cosa andiamo incontro» spiega Alessandro Pecoraro di Sintesi comunicazione.
Gianluca Pagliaro è direttore di Dab Pumps di Mestrino, settore pompe idrauliche, base a Mestrino ma stabilimenti anche all’estero con 1200 dipendenti di cui 800 in Italia: «Ci preoccupa la mancanza di visione a medio lungo termine, per le imprese non va affatto bene».
La pensa così anche Roberto Reffo patron de La Meccanica di Cittadella, ramo macchinari per la produzione di mangimi zootecnici che, per scelta, non ha mai delocalizzato; «Questo decreto è un sintomo: abbiamo un governo che ha una visione diversa da quella che ha l’impresa, o forse non ha proprio una visione che, però, per noi è essenziale. E il problema è che se nel dna dell’imprenditore c’è la voglia di crescere, con questo quadro dobbiamo per forza limitarci a consolidare, con buona pace dei progetti ambiziosi, dell’investimento sulla formazione anche in rete. È davvero un peccato».