Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
MEMORIA E DIFESA LEGITTIMA
Il dibattito sulla riforma dell’istituto della legittima difesa è ormai in corso da parecchio tempo. Giacciono in Parlamento diverse proposte di modifica della norma. La discussione tra le forze politiche è stata molto influenzata dalle vicende di cronaca che tutti abbiamo bene a mente. Proprio nelle scorse settimane in Senato abbiamo assistito all’audizione del benzinaio vicentino Graziano Stacchio e del tabaccaio padovano Franco Birolo. Questi episodi, soprattutto negli ultimi anni, hanno portato all’attenzione del legislatore le storie di chi, per difendersi dall’aggressione altrui nella propria casa o nel proprio negozio, è poi rimasto all’interno delle aule di giustizia per anni al fine di ribattere alle accuse di lesioni personali o addirittura di omicidio. E’ ormai evidente che lo Stato, anche per un mutamento della criminalità, non sia più in grado di prevenire efficacemente, quei reati che avvengono all’interno della proprietà privata. Ed è altrettanto evidente che la materia non può essere analizzata collegandola esclusivamente alla liberalizzazione dell’uso delle armi. Servirebbe maggiore prudenza, mettendo i magistrati nelle condizioni di applicare norme avulse da interpretazioni fuorvianti. La legittima difesa è un’azione che, quando viene posta in essere, ha, all’evidenza, un doppio effetto, uno positivo: ad esempio mi difendo da un’aggressione, ed uno negativo: uccido un altro uomo.
La difesa legittima, come molte altre azioni umane dal doppio effetto può quindi produrre – come è stato sostenuto dalla migliore dottrina in materia - contemporaneamente una liceità ed una illiceità, una giuridicità ed un’antigiuridicità, un effetto positivo ed uno certamente carico di disvalore. Come risolvere la dicotomia? Casi come quello del cittadino che uccide il ladro che notte tempo si è introdotto in casa mettendo in pericolo i beni e la vita di altre persone vanno risolti verificando se vi è proporzionalità tra l’azione violenta e la necessità di difesa. Senza cercare però un bilanciamento (che non vi sarebbe mai) tra bene aggredito e bene leso dalla reazione. Va cambiata prospettiva. Lo sforzo che il legislatore deve fare è quello di ripartire, nell’analisi della difesa legittima, non da un bilanciamento tra beni comunque tutelati dall’ordinamento (il patrimonio e la vita, ad esempio), ma da una considerazione profonda sui valori fondamentali per cui l’uomo vive e che è portato naturalmente a desiderare: la vita stessa, la tutela della propria famiglia e dei propri simili, la difesa della propria abitazione. Tutti capiscono ed intuiscono quali siano i valori ed i beni a cui ciascuno anela sin dalla tenera età, perché questa è un’innata tendenza dell’essere umano. Fino alla fine l’essere umano cerca di contrapporsi alla morte, cerca di curare i propri affetti e chiede tranquillità nella propria dimora. Ed è questo che la norma dovrebbe mirare a tutelare: i valori primari. Chi si pone fuori da questo recinto di regole sociali minime quindi non può essere biasimato dall’ordinamento: «…poverino ruba nelle abitazioni perché non ha di che mangiare!». Solo teorie secolarizzate e fors’anche materialistiche portano oggi a «giustificare» l’aggressore che volontariamente mette in pericolo i valori che tutti tendiamo naturalmente a difendere. La tutela penale e la legittima difesa quindi non possono essere rimesse ad un «bilancino preventivo», la vittima deve tornare al centro della tutela e deve essere superato quel materialismo sociale che porta lontano dal bene, dal giusto e dalla memoria di ciò che è accaduto. Ecco la memoria dell’accaduto; forse proprio da lì il legislatore potrebbe iniziare il proprio cammino: partire dalla memoria di ciò che è accaduto, dalla memoria dell’essere umano e dei suoi valori primi; sarebbe il primo passo verso una riforma che centrerebbe l’obiettivo della chiarezza. Ogni riforma che porti o meglio riporti al centro i valori fondamentali della vita dell’individuo, aiuterà a costruire una norma dell’istituto della difesa legittima più corretta.