Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Referendum, separatisti «al verde» colletta per presentare il ricorso
Dal 2011 spesi 48 mila euro. Gadget in magazzino e finanziatori eclissati dopo il Tar
VENEZIA Dopo la sentenza del Tar, i finanziatori più facoltosi della causa autonomista si sono eclissati. E se l’annunciato ricorso al Consiglio di Stato tarda ad essere depositato è proprio perché c’è un problema di soldi: per presentare appello bisogna mettere in conto qualcosa come 18mila euro tra i 975 del contributo unificato,i 10-15mila per l’onorario dell’avvocato e svariate centinaia di euro per le «enne» notifiche in corso di giudizio. I comitati autonomisti stanno rimediando con la consueta formula che in questi anni ha consentito loro di far fronte alle (ingenti) spese: autotassazione e colletta. Al momento il traguardo dei 10mila pare vicino. All’inizio della prossima settimana si vaglieranno i preventivi dei costituzionalisti interpellati e si sceglierà il legale più convinto e con la parcella meno onerosa, ma si tratta di nomi del foro importanti, dallo studio Guarino al costituzionalista Duccio Traina. La strategia di raccolta è variegata: campagne di iscrizioni ai comitati, auto-tassazione, c’è anche un’eccellente veneziana d’adozione che sta facendo fund raising con piglio professionale (ma al monte contributi racimolati andrà sottratto il suo onorario). «Contiamo di raggiungere sottoscrizioni per 10mila euro», annuncia Gian Angelo Bellati. Lui ci ha rimesso qualche migliaia di euro nella campagna referendaria, il Movimento Autonomia di Mestre dal 2013 ne ha spesi circa 6mila tra libri, studi, pubblicazioni, affitto di sale e, ultimi, i 500 euro per le T-shirt in vista del voto del 30 settembre che non ci sarà; poi ci sono i 2mila euro per la comunicazione stampa, il migliaio di euro di MuoverSì per la campagna social, t-shirt e le altre iniziative e – sopratutto – i 35mila spesi a partire dal 2011 prima dal comitato Autonomia di Venezia e poi da Due Grandi Città di Marco Sitran. «Ventimila sborsati di tasca nostra e mia – spiega Sitran – E 15mila donati da un noto imprenditore del settore alberghiero. Che, di fronte alla sentenza del Tar, si è tirato indietro. Come altri, del resto. Ma, sopratutto, trovo vergognoso l’atteggiamento del governatore Luca Zaia che, dopo aver speso milioni per l’inutile referendum sull’autonomia del Veneto, dice che valuterà i costi, al confronto irrisori, del ricorso al Consiglio di Stato». Il conto della battaglia autonomista condotta in questi anni dai quattro comitati (Due Grandi Città, Movimento Autonomia di Mestre e gli ultimi nati Movimento Venezia Autonoma e MuoverSì, senza tener conto dei sostenitori esterni come il milieu che fa capo a Jane da Mosto o il gruppo 25 Aprile) oscilla tra i 45mila e il 48mila euro. Una cifra che non tiene conto del «lucro cessante»: Stefano Chiaromanni che è presidente del Movimento Autonomia di Mestre quest’anno ha saltato le vacanze estive; Gian Angelo Bellati ha perso l’impiego in posizione apicale a UnionCamere. Per tutti, una perdita secca di tempo, energie e soldi che testimonia la passione e la buona fede. E che annuncia un investimento politico futuro: «Per le politiche 2020 potremmo presentare una lista – spiega Giovanni Armellin (MuoverSì) – Bisogna testimoniare la voglia di impegnarsi per dare un futuro a Mestre». La voglia di rappresentanza c’è. E si confronterà con i due partiti che hanno sostenuto il referendum, Lega e Movimento 5 Stelle. Partiti che i comitati hanno tenuto fuori dalla raccolta fondi per il patrocinio al Consiglio di Stato, come le altre formazioni. Perché è tradizione che chi vince Venezia, per quanto separatista, una volta insediato a Ca’ Farsetti non si impegni per spaccare il Comune e immolarsi a fare il sindaco dimezzato, come il Visconte della fiaba surreale di Italo Calvino.