Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Morte a Venezia», tutto esaurito per il film (restaurato) di Visconti
Il colera infuria a Venezia. Siamo nei primi del ‘900 e il professor Gustav von Aschenbach, volto segnato di Dirk Bogarde, si affida al direttore di un’agenzia di cambio per capire perché nessuno, nella città d’acqua, osi dire che l’epidemia si è diffusa, i morti non si contano e i letti all’ospedale non bastano: «È estate - gli dice l’uomo dei cambi - e c’è il turismo. La vera attività di Venezia è il turismo. Si immagina Venezia senza turisti? Sarebbe più desolata che d’inverno».
Oggi che Venezia non è mai senza turisti e spesso la sua desolazione risiede proprio nell’invasione dei visitatori mordi e fuggi, la visione di Morte a Venezia di Luchino Visconti ha la forza di uno schiaffo assestato in pieno volto. Girato nel ‘71 al Lido tra Alberoni e grand hotel Des Bains, restaurato dalla Cineteca di Bologna, il film ha avuto due proiezioni alla Mostra del Cinema di Venezia, entrambe esaurite. Rivederlo a distanza di quasi cinquant’anni dall’uscita, nell’anno in cui la Biennale, caparbiamente, grazie a un accordo con la proprietà, ha riaperto la sala Visconti e tutto il primo piano dell’hotel per ospitarvi l’esposizione «Il cinema in Mostra» è un buon contrappasso dopo tanto cinema contemporaneo di derivazione televisiva. Qui tutto, al contrario, è cinema: l’insistenza maniacale con cui Visconti filma Tadzio, il ragazzino di cui von Aschenbach si innamora tanto da restare a Venezia nonostante il colera; la mimica di Bogarde di fronte all’irrompere continuo della realtà nel suo mondo; il senso di morte che aleggia nelle gite a Venezia, la visione della fine nel malato che muore abbandonato alla stazione. Dai costumi agli attori oltre a Bogarde Silvana Mangano e il giovanissimo Björn Andrésen, che recita Tadzio, all’epoca sedicenne - dalle ambientazioni ai dialoghi, di matrice letteraria, tutto sostanzia il mito della pellicola, che Visconti volle girare al Des Bains, dove Thomas Mann (il romanzo breve è stato pubblicato nel 1912) aveva ambientato il suo racconto. Così anche la musica di Gustav Mahler, che Visconti ascoltava mentre scriveva con Nicola Badalucco, contribuisce a rendere sospeso ma ineluttabile l’incedere mellifluo della morte. Proprio come la sabbia nella clessidra: «Sembra non scenda mai - dice von Aschenbach nel film - e a un tratto è finita».