Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
L’aria che tira in casa I tre errori più frequenti
Il gruppo vicentino Alpac è specializzato nella purificazione degli ambienti Ecco i loro consigli, contro l’inquinamento e contro alcuni miti da sfatare
Quarant’anni fa c’era l’esigenza di isolare gli edifici dal punto di vista termico, ovvero mantenere dentro casa il caldo d’inverno e il fresco d’estate. Ora la priorità è (anche) un’altra: cambiare l’aria all’interno delle abitazioni portandola dall’esterno. Può sembrare un paradosso, ma è tutto legato all’inquinamento atmosferico, uno dei nodi nel pettine della società moderna. «L’edilizia ha fatto passi da gigante nel settore dell’isolamento termico, ma non altrettanto nella riduzione degli inquinanti nell’aria di casa».
Le parole sono quelle di Matteo Grisi, responsabile commerciale di «Alpac», il gruppo vicentino da 24 milioni di euro di fatturato e 160 dipendenti e che dalla produzione di «cassonetti termoisolanti» negli anni Ottanta ha ideato, nel 2017, il sistema «Helty» per il ricambio d’aria negli ambienti domestici. Due (piccoli) fori sul muro, un collegamento elettrico e una scatolina posizionata a parete che da sola rigenera l’aria di una stanza da 25 metri quadrati. Una soluzione green. Ma da quando il prodotto è stato immesso sul mercato l’azienda con sede a Schio, nell’altovicentino, si è trovata di fronte a una «battaglia» forse inaspettata e di certo prioritaria: superare un ostacolo culturale: «In particolar modo in Italia — spiegano dall’azienda — si tende a sottovalutare l’inquinamento atmosferico in casa, forse perché non si conosce la reale dimensione del fenomeno». Miti da sfatare? Qualcuno sicuramente.
Il primo è quello dei comportamenti anti-smog, ovvero gli alti tassi di inquinamento atmosferico da polveri sottili — specie nella pianura padana — che hanno portato l’Europa a bacchettare l’Italia. Di fronte a un’emergenza, nei mesi invernali, le strategie degli enti locali sono quelle di limitare il traffico, a cui a volte si affianca l’appello a chiudere le finestre. «È un messaggio sbagliato — spiega Grisi — perché così facendo si aumenta la concentrazione di inquinanti nell’aria domestica, che poi è la stessa di quella esterna. I tassi di inquinanti in casa possono crescere anche di dieci volte rispetto a fuori». Seconda tesi: per combattere la presenza di muffa sulle pareti si cambiano i serramenti, ma poco dopo le chiazze di umidità ritornano: «Cambiare solo i serramenti altera l’equilibrio dell’ambiente domestico — sottolinea l’azienda — e in Italia ogni anno si sostituiscono poco meno di cinque milioni di serramenti». Terza questione: l’aria viziata, spesso associata a un disagio di comfort «e invece è prima di tutto un problema di salute». Alcuni esempi: «Se mi chiudo in un ufficio ben isolato — afferma Grisi — in mezz’ora la concentrazione di anidride carbonica nell’aria supera le 1500 ppm (parti per milione, ndr). Studi scientifici dimostrano che superare la soglia di 2000 ppm può provocare disturbi di concentrazione, si rende meno sul lavoro. Trasferendo il ragionamento in una camera da letto, potrebbero esserci apnee notturne, stanchezza al risveglio».
Ma parlare di qualità dell’aria di casa non significa solo pensare a smog, realtà urbane, abitazioni a ridosso del traffico. Oltre alle polveri sottili, nell’aria domestica possono esserci infatti gas emessi da mobili e terreno. Senza contare l’anidride carbonica o gli inquinanti delle stufe.
Scienza
Se mi chiudo in un ufficio ben isolato in mezz’ora la concentrazione di anidride carbonica supera le 1500 ppm Sopra 2000 può provocare disturbi di concentrazione