Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Liste d’attesa, l’inchiesta si allarga
Caso codici bianchi al Pronto Soccorso: figurano tutti in attesa 3 ore e 59’. Per stare sotto le 4?
Inchiesta della procura sulle liste d’attesa dell’Usl 3 nel Veneziano, la priorità sulle ricette di 44mila pazienti sarebbe stata cambiata da un software per stare nei limiti. E c’è anche un caso codici bianchi al Pronto Soccorso: figurano tutti in attesa per 3 ore e 59’. Per stare sotto le 4 previste?
VENEZIA Si allarga al Pronto Soccorso l’inchiesta aperta dalla Procura di Venezia, su segnalazione della Regione, in merito a 44.600 ricette sulle quali dal 2015 al 2017 l’ex Usl di Mirano, inglobata nell’Usl 3 Serenissima, ha cambiato il codice di priorità indicata dal medico prescrittore, per far figurare il rispetto delle liste d’attesa. Gli ispettori inviati per sei mesi da Palazzo Balbi all’Usl 3 nell’aprile 2017, dopo che lo strano caso era stato scoperto dall’Azienda Zero, hanno rilevato una seconda anomalia, stavolta nei Pronto Soccorso dei cinque ospedali di Venezia, Mestre, Dolo, Mirano e Chioggia.
La «particolarità», inserita nel dossier allegato alla denuncia depositata dal governatore Luca Zaia al procuratore capo di Venezia Bruno Cherchi, riguarda i codici bianchi. A tutti vengono attribuiti un’attesa di 3 ore e 59 minuti e il successivo passaggio in Osservazione breve intensiva (Obi). Perché? Secondo il metodo del Triage che smista i pazienti al Pronto Soccorso a seconda del livello di gravità, il codice bianco indica un quadro non critico, non urgente. In Obi vengono accolti soggetti che non necessitano di ricovero immediato ma non vanno nemmeno dimessi, poiché hanno bisogno di una terapia con osservazione fino a 30 ore, utile a un approfondimento diagnostico. Possibile, si sono chiesti gli ispettori, che sia risultata indispensabile a tutti i codici bianchi? Col codice bianco viene classificato anche l’utente con piccole ferite, una puntura di insetto senza conseguenze, una piccola contusione, il mal di denti: come mai tenerli in osservazione? Il dubbio è che, siccome una delibera regionale impone per i codici bianchi un’attesa non superiore alle quattro ore, non riuscendo a rispettare tale limite sia stato trovato l’espediente di spostare gli interessati in Obi.
Gli ispettori, insieme alla dottoressa Gianna Vettore che è la responsabile del Centro regionale emergenza e urgenza, stanno verificando l’ipotesi. E stanno pure cercando di capire se davvero i codici bianchi siano stati trasferiti in Obi o se ciò sia stato fatto figurare solo formalmente, mentre in realtà i pazienti sono rimasti ad aspettare in Pronto Soccorso oltre le quattro ore di legge.
Intanto il caso delle ricette «taroccate» per visite ed esami specialistici si arricchisce di nuove testimonianze. «Da tempo ci arrivano molte lamentele da parte di utenti di Dolo e Mirano perché gli ambulatori non rispettano i tempi di erogazione delle prestazioni indicati sulla ricetta — rivela Giuseppe Cicciù, presidente regionale del Tribunale del Malato —. Gli operatori del Cup dicono: non siamo in grado di assicurarle la visita entro questo limite, però la richiamiamo in settimana e vediamo di sistemarla. In realtà la telefonata arriva dopo un mese e mezzo, perciò chi può si paga l’esame in privato e gli altri o si tengono il male, o intasano i Pronto Soccorso oppure sono costretti a pellegrinaggi in altre Usl».
Sulla ricetta il medico di base, a seconda della gravità del quadro clinico del malato, indica uno dei 4 codici stabiliti dalla legge per il governo delle liste d’attesa: U (urgente) per prestazioni specialistiche ambulatoriali da garantire nelle 24 ore; B (Breve attesa) per accertamenti da erogare entro 10 giorni dalla prenotazione; D (Differita) per cure in grado di aspettare fino a 30 giorni; P (Programmabile) per approfondimenti da eseguire entro 60/90 giorni. Se l’Usl non rie-
sce a rispettare questi paletti, il Cup manager voluto in ogni azienda dalla Regione può inserire il paziente in una «lista di galleggiamento», che lo tiene in sospeso per qualche giorno, non per mesi, finché non si trova per lui un posto attivando un over booking in reparto, indirizzandolo al Distretto o al convenzionato.
Invece, utilizzando un software acquistato nel 2015 per 23mila euro dall’allora Usl 13 di Mirano, poi inglobata nell’Usl Serenissima, e il 12 maggio 2017 dal direttore generale di quest’ultima, Giuseppe Dal Ben, anche per Venezia e Chioggia (costo 69.540 euro), quando non era possibile garantire una prestazione nei limiti previsti, venivano cambiati con tempi più lunghi. Tutto ciò è stato scoperto dall’Azienda Zero, che controllando i primi quattro mesi di applicazione della ricetta dematerializzata ha individuato un ingiustificato doppio flusso di prescrizioni in uscita dall’Usl lagunare. Quello dei medici di famiglia, inviato anche alla Sogei, il braccio informativo del ministero dell’Economia incaricato del controllo nazionale delle ricette, e quello in uscita dall’Usl 3, con codici diversi. Un’intuizione partorita giusto in tempo per impedire l’utilizzo del software anche per il capoluogo e Chioggia e in base alla quale è scattata l’inchiesta e l’Usl 3 ha sospeso per cinque mesi senza stipendio Stefano Vianello, prima responsabile del controllo delle liste d’attesa all’Usl di Mirano e dal gennaio scorso promosso a coordinatore sanitario dell’Usl 3 e poi capo del Distretto 2 di Mestre. Incarichi, questi ultimi, revocati dal primo ottobre. Ma perché la commissione per il controllo della correttezza delle prescrizioni e del rispetto delle liste d’attesa, istituita all’Usl 3 come in tutte le altre, non si è accorta di nulla?