Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Gap salariale e occupazionale «Dati terribili per le donne speranza dalle tecnologie»
PADOVA Un numero che pesa come un macigno. Quel 48% che indica la fetta di popolazione attiva che non lavora, se si guarda alla metà femminile della popolazione. Una delle percentuali più basse del mondo occidentale. Alla luce del quale assume tutt’altra sfumatura un altro dato, all’apparenza non drammatico: quel -6,2% che divide la busta paga di una donna da quella di un uomo. In questo caso l’Italia registra uno dei gap minori in Europa. Ma è un miraggio. «Lavorano così poche donne che parlare di divario nei salari è quasi insensato: quelle che hanno un impiego hanno già subito una durissima selezione, per questo non hanno paghe così diverse da quelle dei colleghi maschi». A parlare è Paola Profeta, docente di Scienze della finanza alla Bocconi, la coordinatrice del tavolo dedicato all’«empowerment femminile» del forum «Avanti donne».
L’appuntamento, organizzato dalla fondazione Bellisario è ritornato a Padova, dove ha esordito diciannove anni fa. Lo fa con un atto d’accusa, che è rimbombato nel salone del Palazzo della Ragione. «Il “governo del cambiamento” ha scelto la strada di una manovra in deficit - ha tuonato Lella Golfo, presidente della fondazione, già esponente di Forza Italia - e pensa di abolire per decreto la povertà, quando, specie al Sud, c’è una questione femminile mai risolta. Abbiamo occupazione e natalità tra i più bassi d’Europa e il gap lavorativo tra uomini e donne è di 20 punti percentuali, al Sud di 30. Non solo: dei 38 mila genitori di bambini fino a tre anni che l’anno scorso hanno lascito il lavoro, il 79% sono donne e l’82,4% di loro l’ha fatto per gli impegni familiari, per l’assenza di servizi come l’asilo nido o per i costi eccessivi di questi ultimi. A queste problematiche non possono rispondere i dipendenti del centro dell’impiego».
Insomma è una questione in cui la carenza di opportunità economiche e di welfare si intersecano. Ma non ci sono solo i lati oscuri. Dal palco dell’evento che le stesse organizzatrici (spicca l’ex sindaco padovano Giustina Destro, che ha fatto i saluti d’apertura dopo l’attuale primo cittadino
Profeta Lavorano troppo poche donne
Golfo Costrette a lasciare il posto per la famiglia
Sergio Giordani) hanno ribattezzato la «Cernobbio rosa» arriva anche qualche segnale positivo. Si guarda soprattutto alle nuove realtà: poco meno di un terzo, il 29%, delle imprese guidate da under 35 sono a guida femminile. E crescono anche le grandi aziende (a oggi il 56%) che hanno avviato la flessibilità oraria per venire incontro ai neogenitori. Un esempio arriva dalle aziende che operano nel settore tecnologico, dove in molti casi il gap salariale è quasi azzerato e le assunzioni femminili sono in crescita. C’è poi la questione della legge sulle quote nei Cda, promossa dalla stessa fondazione Bellisario, che ha funzionato (oggi le donne sono il 35%) ma che «scadrà» tra qualche anno. Ma dai tavoli emerge la convinzione che più che ai decreti ad hoc, la speranza possa arrivare dall’economia. «Preoccupa l’occupazione e il sostegno dell’impresa femminile, certamente - nota Ferruccio de Bortoli, ex direttore di Corriere e di Sole 24 Ore e moderatore al tavolo sulla finanza e la crescita dei territori - ma le donne che lavorano nelle imprese fanno notare che le emergenze riguardano la crescita del debito pubblico e la crescita». Oggi è attesa per le conclusioni, nell’aula magna del Bo, la presidente del Senato, Elisabetta Maria Casellati. Si parlerà di populismo, con la presentazione di dati inediti a cura di Euromedia. Il punto di partenza: secondo il 53% degli italiani è in atto una crisi della democrazia.