Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Abnegazione e umiltà per ottenere il top»
L’ex presidente dell’Inter parlerà di impresa e sport «Il mio consiglio? Avere una cultura ampia e multisettoriale»
L’immagine impressa nella mente di tutti i tifosi nerazzurri - e non solo - è quella lì: lui raggiante sul prato del Bernabeu, mentre solleva la Coppa dalle grandi orecchie. Ventidue maggio 2010, l’Inter che conquista la Champions League battendo il Bayern Monaco. Un successo che viene da lontano, come ricorda il presidente Massimo Moratti: «Sì, hanno tutti lavorato e sono stati di un’efficacia e di un’umiltà straordinaria nel fare le cose. Un’abnegazione notevole da parte di tutte le persone che sono state attorno alla squadra. Hanno affrontato sacrifici sia nell’ambito professionale che in quello della vita privata».
Un insegnamento che può valere per qualsiasi professione?
«Senza dubbio. Se vuoi raggiungere un obiettivo devi necessariamente andare un po’ più in là rispetto a quelle che sono le strategie scritte o le tecniche che si usano normalmente per raggiungere quello stesso obiettivo».
Sarà a Verona per parlare agli studenti e ai giovani. Quale consiglio darebbe a un ragazzo che sogna un futuro da dirigente sportivo?
«È fondamentale costruirsi una cultura il più ampia possibile, in qualsiasi settore. Non ci si può chiudere solamente nel proprio mestiere e questo vale per qualsiasi dirigente. L’ambito sportivo è diventato negli anni una sorta di secondo linguaggio che la gente utilizza per trasferire i propri sentimenti, per iniziare una conversazione con gli estranei. E tutto questo, un dirigente che deve gestire una società, deve comprenderlo bene. Ritengo quindi un vantaggio avere una cultura ampia, insieme a una buona dose di pazienza. Occorre saper crescere con calma, perché se uno è bravo, il successo arriva».
Nella sua esperienza al vertice dell’Inter, ha avuto modo di sperimentare anche una sorta di «passaggio generazionale. Le è pesata l’eredità di suo padre Angelo?
«Nel mio caso personale, non posso certo dire che sia stata un peso, anzi. È stata un viatico fantastico. Abbiamo convissuto la prima esperienza sia nel lavoro che nell’Inter in termini tali da vivere il tutto come una spinta di passione e senso del dovere. Mio padre è stato un riferimento costante e positivo che ho sempre avuto con me».
Anche per quel che riguarda il lavoro, al di là del calcio?
«Sì, è stata la stessa cosa. Questo genere di eredità, se così vogliamo definirla, in termini vasti di lavoro e di capacità non credo ti metta in condizione di partire in negativo. Casomai crea un senso di responsabilità ancor maggiore perché ti trovi a difendere la figura di chi era prima di te».