Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Ha 4 anni, ma il festival è già grande»
Sempre più internazionale ma attento alle eccellenze del territorio: Tra testimonial, tavole rotonde e desk, Univerò conferma il suo primato nella riduzione delle distanze tra Università e mondo del lavoro
L’ispirazione
Lontano dai classici career day, ma al tempo stesso molto più che un festival «culturale»
Siamo arrivati alla quarta edizione di Univerò. E, a quattro anni, non solo possiamo dire che camminiamo con le nostre gambe, ma lo facciamo piuttosto agilmente. Oggi Univerò è riconosciuto in Italia come «il festival del placement». Si tratta infatti dell’unico festival interamente mirato a ridurre le distanze tra l’università e il mondo del lavoro.
Impresa, professioni, istituzioni, associazioni e tanti altri soggetti possono dialogare per tre giorni con i nostri studenti, a Verona, negli splendidi spazi del Polo di Santa Marta. Ma Univerò, nel corso di questi anni, è diventato sempre più un evento che attira un pubblico più vasto. Ogni incontro è infatti libero e gratuito e consente di ascoltare le idee dei tanti ospiti che vengono a raccontare la loro esperienza.
L’edizione 2018 si presenta molto equilibrata. In primo luogo, siamo riusciti a bilanciare, per un verso, la vocazione del festival a una forte apertura nazionale e internazionale con, per altro verso, un’attenzione per le eccellenze del territorio. Il futuro del lavoro si gioca sempre più su uno scenario globale e, proprio per questo, i nostri giovani devono essere pronti a raccogliere senza timori la sfida del distacco: quindi, ogniqualvolta sia necessario, prendere la valigia e partire. Però, al contempo, occorre essere consapevoli che il territorio offre opportunità per far base qui.
In secondo luogo, anche quest’anno gli incontri del festival sono rappresentativi di tutte le macro-aree dell’Ateneo: da sempre diciamo che nessuno dei nostri studenti può avere un’opportunità in meno. L’area giuridico-economica, quella medica, quella umanistica, come quella scientifica, attraversano una fase di profonda trasformazione: ma, in ciascun caso, occorre indagare quali siano le opportunità per costruire una bella carriera.
Gli incontri corrispondono a diversi format. In alcuni casi abbiamo privilegiato l’idea di proporre una chiacchierata con un testimonial, mettendo in luce le caratteristiche di un’esperienza che presenti i tratti dell’eccezionalità; sarà quindi anche l’occasione per conoscere meglio l’aspetto personale di chi nel mondo del lavoro ha costruito qualcosa di importante.
In altri casi, l’idea è stata quella di costruire una tavola rotonda nella quale si realizzi un’integrazione tra diverse competenze, una complementarietà di punti di vista: la consapevolezza fondamentale è quella che nel domani sarà richiesta, oltre a una competenza specifica, una complessità di attitudini e di sensibilità.
In altri casi ancora, abbiamo preferito proporre un desk nel quale al centro fosse, puramente e semplicemente, la proposta concreta di una prospettiva professionale.
È chiaro che ciascuno – studente o no – potrà partecipare a tutti gli eventi (ricordo che agli studenti saranno riconosciuti crediti formativi): e vorrei dire che la sensazione più bella del festival è proprio quella che proviene dal vedere un gran movimento di persone tra uno spazio e l’altro. Chi si intrattiene con un ospite, chi preferisce confrontarsi con un amico sull’ultima sollecitazione ricevuta da un talk e chi invece attende di lasciare il proprio curriculum a un recruiter. Ciascuno porta a casa quel che preferisce da una tre giorni densissima. Tutti, però, percepiscono che c’è un’energia eccezionale. È l’energia che sempre si sprigiona quando il confronto è interdisciplinare e intergenerazionale.
Cosa attendersi da Univerò nei prossimi anni? Vorrei che fosse sempre più un modello capace di indicare un approccio nuovo al mondo del lavoro e delle professioni: lontano, per un verso, dai classici
career day, che interpretano un modo in larga parte superato di accostare i giovani al lavoro, e, al tempo stesso, molto più che un festival con valenza puramente culturale; sì, perché qui si può non solo ascoltare una bella testimonianza, ma anche cominciare un percorso lavorativo, o anche solo incontrare la persona che ti fa venire un’idea che non avevi neppure immaginato.
Insomma, oggi sono già quattro anni ben spesi. Ma siamo solo all’inizio.