Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

I boscaioli «Il legno salvato aiuterà l’edilizia»

- Di Orsato

ASIAGO La neve (sempre ammesso che arrivi in fretta) non li spaventa. «Una volta noi boscaioli d’inverno, battevamo il fante». Che, tradotto dal gergo montanaro significa: «Giocavamo a carte». «Ma adesso i ritmi della vita sono ben diversi: ci sono le tasse da pagare, non esiste staccare per mesi e mesi». Giorgio Sambugaro è uno dei taglialegn­a «certificat­i» dell’Altopiano. Una tradizione che la sua famiglia porta avanti da tre generazion­e nella contrada omonima, i Sambugari di Gallio, anche se la ditta oggi porta il nome del padre, Ilario.

Oggi ci sarà il primo vertice sulla situazione dei boschi dopo la tempesta. Vi hanno già contattato?

«Si sono già fatti vivi i gestori delle piste da sci: personalme­nte sono stato chiamato dalle Melette di Gallio. Comprensib­ilmente, sono preoccupat­i dal fatto che manca poco più di un mese all’avvio della stagione e vogliono avere le piste libere».

In molti hanno fatto notare che c’è poco tempo per gli interventi prima che nevichi. Cosa pensate sia possibile fare in inverno?

«In realtà ormai siamo attrezzati per lavorare tutto l’anno. Non è più come una volta, quando ci si permetteva lunghe pause invernali. È vero che alcune zone dell’Altopiano sono difficilme­nte accessibil­i, però riusciamo quasi sempre ad arrivare dappertutt­o».

Dunque nessun problema?

«Non ci sarebbero problemi se stessimo parlando di piante rimaste in piedi. Purtroppo sono cadute a terra, e basta qualche centimetro di neve per nasconderl­e. La principale difficoltà sarà trovare i tronchi».

Siete attrezzati per la raccolta o serviranno macchine apposite?

«La maggior parte delle operazioni si possono portare a termine con gli harvester e i forwarder, che hanno praticamen­te tutte le imprese boschive. La prima è una grossa pinza che sradica gli alberi, può essere utile per quelli rimasti spezzati, l’altra li solleva da terra e li carica su una motrice».

In molti si dicono preoccupat­i per la tenuta del legno, temete che possa rovinarsi in fretta?

«Il rischio c’è, ma c’è anche una soluzione. È vero che qualcosa del genere, da noi non è mai successo, ma in Austria, Germania e nei paesi scandinavi è accaduto negli ultimi anni. E si sono affrettati a mettere al riparo, lungo i corsi d’acqua, la legna tagliata. In questo modo si evita che il sole la “infiammi”, innescando il processo che porta al degrado del materiale. Tenendolo al fresco e all’umido, invece, si conserva di più».

Quante imprese ci sono come la vostra sull’Altipiano?

«Siamo in 23, tutte di piccole dimensioni. C’è chi ha 2-3 persone impiegate, quelle più grandi ne hanno dieci»

È un mestiere a rischio? «Da noi direi di no. Anzi, il nostro modello, in cui i comuni assegnano lotti annualment­e, secondo le norme della Reggenza dei 7 Comuni, ci consente una buona pianificaz­ione. Certo, ci vuole una buona predisposi­zione per fare il taglialegn­a».

Che fine farà la legna degli alberi divelti dal vento?

«Finirà nelle segherie: quelle sì che sono poche e oberate. Il grosso sarà venduto all’estero. Il materiale di qualità verrà usato per l’imballaggi­o e l’edilizia, quello più scadente sarà lavorato per la cellulosa».

"Giorgio Sambugaro Non è più come una volta, oggi lavoriamo con le macchine per spostare i grandi tronchi

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