Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
L’esordio di Marco Goldin La storia dei due amici che cambiarono l’arte
Il primo romanzo (Solferino) di Marco Goldin: la storia dell’amicizia fra Van Gogh e Gauguin
a vivere insieme per due mesi ad Arles, nella Casa Gialla. È talmente pazzesco da non sembrare nemmeno vero. Van Gogh e Gauguin insieme a parlare di pittura e dipingere nella pianura della Crau. Comunque il romanzo ha un prima, dedicato al viaggio in Martinica di Gauguin e poi al suo soggiorno in Bretagna e un poi, che riguarda la fase finale della vita di Van Gogh, la ripresa della vita bretone di Paul fino al momento della sua partenza per Tahiti. È un libro che li mette in continua relazione, anche attraverso le lettere che si sono scambiati».
Ogni sua mostra è quasi un romanzo, pone spesso l’accento sulla narrazione. La struttura classica è sempre stata stretta nelle sue esposizioni, ha inventato una nuova formula, lontana dalle classificazioni. Un impasto di arte, poesia, prosa, richiami personali. Pensiamo anche ai cataloghi, che lei chiama libri, scritti con uno stile lontano dall’accademia, vicino all’urgenza della storia e della vita.
«Non avrei potuto fare il meraviglioso lavoro che faccio se non l’avessi fatto così. Per me le mostre sono sempre state delle storie da raccontare e i quadri i capitoli di quelle storie. Sia che le esposizioni all’inizio della mia carriera fossero, che ne so, quelle dedicate a Giovanni Barbisan, poi per esempio a Guccione o successivamente a Monet o a Van Gogh. Ho bisogno, assoluto bisogno, di sentire la vita e il suo respiro in una mostra. Per questo non mi sono mai preoccupato di mescolare anche certi dati personali. Anzi, le devo dire che, soprattutto in quest’ultimo decennio, quasi tutte le mie mostre più importanti sono nate da accadimenti miei. So che a qualcuno questo non piace, ma so fare mostre solo così, unendo alla conoscenza la più intensa emozione».
Arte, certo, ma anche teatro, musica: nella sua carriera ha sperimentato tutte le espressioni. Inquietudine o curiosità?
«Ho sempre sentito in me la necessità di avvicinarmi alle cose nella multiformità delle espressioni. Non ho mai pensato solo alla pittura, ma per sensibilità e formazione culturale sono sempre stato attratto dal legame che c’è tra le diverse arti. Da questo è nato il desiderio di esprimermi per esempio anche attraverso il
racconto teatrale e da poco anche nel linguaggio cinematografico. È una necessità interiore».
Sottolinea spesso l’importanza delle emozioni. Le troviamo anche in questo romanzo?
«Di emozione e di emozioni ce ne sono proprio tante nel libro. Man mano che consegnavo i capitoli all’editore, sempre di più mi facevano notare questa cosa. Venivano definiti “moti dell’anima”. Sono molto importanti i luoghi nelle pagine del romanzo. Li ho conosciuti a fondo e hanno generato tante pagine nelle quali la vita dell’universo si accorda a quella di Vincent e Paul».
Perché Gauguin e Van Gogh rimangono pittori che attraggono tanti visitatori? Perché sono così amati?
«Perché incarnano contemporaneamente la possibilità e l’impossibilità, il riuscire e il fallire. Sono uomini come noi, hanno provato l’ebrezza del vivere ma anche la più tenace malinconia. Non sono mai stati uomini perfetti e al di sopra delle cose, ma si sono sporcati con la vita. E poi hanno inventato colori nuovi e incredibili per dire ciò che nessuno prima di loro aveva detto così».
Tornerà a fare mostre? «Penso proprio di sì. Ne sento, solo a pochi mesi dall’ultima, già forte la mancanza, ma avevo deciso per un anno diverso, tra scrittura, teatro e sceneggiatura per un prossimo docufilm su Gauguin. Ma sto lavorando da tempo su diversi nuovi progetti espositivi, il primo dei quali credo prenderà il via nell’autunno del prossimo anno. Diverse città mi hanno chiesto di lavorare e tra queste anche più d’una in Veneto».
L’esposizione che vorrebbe fare e non ha mai fatto?
«Da qualche anno ho in animo di tornare sulla pittura americana tra Ottocento e Novecento, una delle mie grandi passioni. Ho un progetto che mi pare di grande suggestione e che nasce, come spesso mi capita, da un amore letterario. In questo caso Walt Whitman, uno dei miei poeti preferiti. Un gigante, amatissimo anche da Van Gogh. Spero di poter aprire, prima o poi, questa mostra».