Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
LO SPREAD DELLA CICOGNA
Molto si parla di spread, dimenticandos i di un secondo spread che non è meno grave del primo: lo potremmo chiamare lo spread demografico. Mentre il primo, quello economico, misura la differenza di rendimento tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi, il secondo – quello demografico – misura la differenza tra i numeri di una società sostenibile e quelli di una società che invece non può stare in piedi a lungo.
L’occasione per rifletterci sopra è data dal fatto che l’Istat ha aggiornato i dati demografici a giugno; dati che ci permettono di trarre tre piste di tendenza demografiche. La prima, quella più generale, è che continua la cura dimagrante della popolazione: solo nei primi sei mesi del 2018 l’Italia è calata di quasi 80 mila unità ed anche in Veneto il segno meno ha interessato quasi 600 persone. È una contrazione generata da due fattori diversissimi. Il primo si chiama calo delle nascite, un calo che si mostra inarrestabile e che tale continuerà ad esserlo, nonostante le estemporanee proposte natalistiche. In Veneto nella prima metà dell’anno sono nati 17 mila bambini, 500 in meno rispetto all’analogo periodo dell’anno prima: tradotto in altri termini, il Veneto sta facendo circa 80 bambini in meno al mese rispetto al 2017. Per tre quarti il fenomeno è da imputare alla diminuzione delle donne in età feconda, per il quarto rimanente ad una minore propensione alla genitorialità.
Minore propensione «giustificata» anche da una incertezza economica, lavorativa ed esistenziale che non si allenta. Il secondo fattore è dato dagli espatri. «Se ne vanno, se ne vanno e noi non possiamo fare altro che vederli andare via», cantava Ligabue una decina di anni fa. In effetti sempre di più sono coloro che vanno a vivere all’estero: più 36 per cento negli ultimi cinque anni, soprattutto da Lombardia, Emilia e Veneto. Non più solo giovani e adulti, ma anche anziani che diventano «migranti previdenziali» o «migranti genitori-nonni ricongiunti», come li definisce l’ultimo rapporto della Fondazione Migrantes. Degli oltre 5 milioni di italiani oltreconfine, sono 2 milioni quelli di seconda e terza generazione (nati all’estero). In proporzione, dunque, la fecondità degli italiani appare più alta all’estero che in Italia, a dimostrare che lavori stabili e migliori condizioni di welfare favoriscono la cicogna. Inoltre preoccupa che le tendenze di fare meno figli in Italia e di lasciare con più frequenza il paese da giovani si stanno facendo strada anche tra gli stranieri. Come pure tra gli italiani «per acquisizione», cioè di origine straniera: che, dopo essersi naturalizzati, sempre più finiscono per trasferirsi all’estero. Insomma lo spread demografico si allarga e sembra seguire la stessa tendenza di quello finanziario. E se uno spread preoccupa due appaiono davvero troppi.