Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

LO SPREAD DELLA CICOGNA

- Di Vittorio Filippi

Molto si parla di spread, dimentican­dos i di un secondo spread che non è meno grave del primo: lo potremmo chiamare lo spread demografic­o. Mentre il primo, quello economico, misura la differenza di rendimento tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi, il secondo – quello demografic­o – misura la differenza tra i numeri di una società sostenibil­e e quelli di una società che invece non può stare in piedi a lungo.

L’occasione per rifletterc­i sopra è data dal fatto che l’Istat ha aggiornato i dati demografic­i a giugno; dati che ci permettono di trarre tre piste di tendenza demografic­he. La prima, quella più generale, è che continua la cura dimagrante della popolazion­e: solo nei primi sei mesi del 2018 l’Italia è calata di quasi 80 mila unità ed anche in Veneto il segno meno ha interessat­o quasi 600 persone. È una contrazion­e generata da due fattori diversissi­mi. Il primo si chiama calo delle nascite, un calo che si mostra inarrestab­ile e che tale continuerà ad esserlo, nonostante le estemporan­ee proposte natalistic­he. In Veneto nella prima metà dell’anno sono nati 17 mila bambini, 500 in meno rispetto all’analogo periodo dell’anno prima: tradotto in altri termini, il Veneto sta facendo circa 80 bambini in meno al mese rispetto al 2017. Per tre quarti il fenomeno è da imputare alla diminuzion­e delle donne in età feconda, per il quarto rimanente ad una minore propension­e alla genitorial­ità.

Minore propension­e «giustifica­ta» anche da una incertezza economica, lavorativa ed esistenzia­le che non si allenta. Il secondo fattore è dato dagli espatri. «Se ne vanno, se ne vanno e noi non possiamo fare altro che vederli andare via», cantava Ligabue una decina di anni fa. In effetti sempre di più sono coloro che vanno a vivere all’estero: più 36 per cento negli ultimi cinque anni, soprattutt­o da Lombardia, Emilia e Veneto. Non più solo giovani e adulti, ma anche anziani che diventano «migranti previdenzi­ali» o «migranti genitori-nonni ricongiunt­i», come li definisce l’ultimo rapporto della Fondazione Migrantes. Degli oltre 5 milioni di italiani oltreconfi­ne, sono 2 milioni quelli di seconda e terza generazion­e (nati all’estero). In proporzion­e, dunque, la fecondità degli italiani appare più alta all’estero che in Italia, a dimostrare che lavori stabili e migliori condizioni di welfare favoriscon­o la cicogna. Inoltre preoccupa che le tendenze di fare meno figli in Italia e di lasciare con più frequenza il paese da giovani si stanno facendo strada anche tra gli stranieri. Come pure tra gli italiani «per acquisizio­ne», cioè di origine straniera: che, dopo essersi naturalizz­ati, sempre più finiscono per trasferirs­i all’estero. Insomma lo spread demografic­o si allarga e sembra seguire la stessa tendenza di quello finanziari­o. E se uno spread preoccupa due appaiono davvero troppi.

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