Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
L’industria rallenta la crescita più difficile l’accesso al credito
Indagine VenetoCentro: tornano a impennarsi costo del denaro e commissioni. E la crescita rallenta
PADOVA L’industria rallenta la crescita. È quanto emerge da un’indagine condotta da Ve- netocentro con i propri associati. In particolare, si registra la denuncia dell’aumento del costo del denaro e delle commissioni, legate all’effetto Spread. Da qui anche la conseguente difficoltà nell’accedere al credito.
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PADOVA-TREVISO Ventotto aziende delle province di Padova e Treviso ogni cento hanno segnalato, alla fine del terzo trimestre 2018, un aumento delle commissioni bancarie mentre, soltanto tre mesi prima, il fenomeno era stato rilevato solo da 18, con percentuali di peggioramento più acute osservate nel segmento delle imprese con meno di 20 addetti. Per sedici intervistati su cento dello stesso campione, inoltre, fra l’estate e l’autunno anche il costo del denaro è aumentato, mentre 17 dichiarano di operare in un quadro di tensione di liquidità, vale a dire che a tirare il cassetto ci si trova il denaro appena sufficiente per operazioni di routine.
È quanto emerge da un’indagine condotta da Fondazione Nordest per conto di Assindustria VenetoCentro, su un campione di 524 aziende industriali dei due territori. Dati che inducono il presidente, Massimo Finco, ad attribuire senza esitazioni quanto osservato sia alle curve poco salutari dei rendimenti dei nostri titoli di Stato rispetto a quelli tedeschi l’effetto spread, insomma - sia alle confuse programmazioni di politica economica dell’esecutivo in carica.
Combinati con gli altri risultati dell’indagine, che denotano un rallentamento delle tendenze di crescita dei principali indicatori registrate un anno fa, le maggiori difficoltà nell’accesso al credito portano Finco a concludere che ci troviamo di fronte a «uno scenario preoccupante da scongiurare. Un quadro – aggiunge - di un Paese che potrebbe smettere di crescere e che fa a pugni con l’ottimismo del governo. Sarebbe auspicabile e saggio che questi segnali, dopo Ue, mercati, agenzie di rating e la posizione espressa da tutti i settori produttivi, inducano l’esecutivo a fare i conti con le proprie responsabilità di fronte al Paese».
Per venire ai valori intercettati dalla ricerca, la produzione industriale mantiene una certa velocità di crescita sullo stesso terzo trimestre di un anno fa (+1,4%), la quale è però notevolmente inferiore al +4,2% del 30 settembre 2017 sulla stessa data del 2016. Analogamente, il fatturato cresce del 2,5% nei dodici mesi anche se appena a luglio esprimeva un +3,1%, fenomeno che risente della flessione del business nei Paesi extraeuropei (-0,7%). Se il portafoglio ordini al terzo trimestre sale di 1,2%, la dinamica è di 6 punti inferiore a quella osservata un anno fa rispetto all’autunno del 2016.
Anche le previsioni per i prossimi sei mesi evidenziano il raffreddamento delle aspettative degli imprenditori. Aumentano quelli che si attendono una diminuzione delle commesse (20,1% contro 14,2% un anno fa) e diminuiscono gli ottimisti (da 26,9% a 21%). In pratica, la piattaforma centrale di chi ritiene che le cose possano continuare all’incirca così come stanno, cioè in una accettabile stabilità, si mantengono intorno al 57%-59%, a seconda che la domanda riguardi i rapporti con l’estero o soltanto il mercato interno. La mancanza di chiarezza sulle scelte politiche a supporto dell’economia – fra le quali Finco indica soprattutto il possibile mancato sostegno all’area di Industria 4.0 – deprime tuttavia in modo chiaro la propensione agli investimenti. Per i prossimi 6 mesi poco più di un imprenditore su quattro dice di essere in procinto di affrontarli mentre un anno fa, sulla spinta degli incentivi per l’innovazione digitale, la quota degli entusiasti superava il 35%.
Tutto questo, in ogni caso, non sembra ancora interferire sull’aspetto occupazionale. Per sei intervistati su dieci lo scenario dovrebbe rimanere inalterato ed esiste un ampio 37% intenzionato a procedere a nuove assunzioni da qui alla prossima primavera.
Finco Scenario preoccupante che fa a pugni con l’ottimismo del governo