Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Reduci di guerra nella banda che ha rubato i gioielli al Ducale

La procura chiede l’estradizio­ne degli arrestati: «Un basista non c’era». I gioielli? Mai trovati: «E sarà dura»

- Biral, Priante, Zorzi

Quel giorno erano in quattro ed era già il terzo tentativo di aprire la teca con i gioielli del Maragià. Fra loro un Lupin croato ritenuto responsabi­le di molti colpi milionari ed ex combattent­i della guerra jugoslava.

VENEZIA Per due volte avevano fallito: una perché non erano riusciti a forzare la teca, l’altra perché una donna «impicciona» aveva notato quegli strani movimenti e aveva segnalato alla vigilanza che un uomo stava toccando la «scatola» di vetro che conteneva i preziosi gioielli. Ma la banda di ladri non si è persa d’animo e anche a ranghi ridotti, senza i due membri ormai «bruciati», è riuscita al terzo tentativo a rubare una spilla e un paio di orecchini di platino e pietre preziose a Palazzo Ducale, nell’ultima giornata della mostra «Tesori del Moghul e dei Maharaja» dello sceicco Al Thani. A svelarlo è stato il procurator­e capo di Venezia Bruno Cherchi, che ieri mattina ha esposto i dettagli dell’operazione che ha portato all’arresto, tra mercoledì e giovedì, di cinque persone sospettate di essere membri della banda.

Notizia anticipata giovedì dalla polizia croata, come non ha mancato di sottolinea­re Cherchi con un po’ di polemica. In carcere sono finiti i croati Vinko Tomic, il 60enne ritenuto il capo anche per il suo passato nel gruppo «Pink Panthers» (specializz­ato nei furti milionari), il 43enne Zvonko Grgic, i 48enni Zelimir Grbavec e Vladimir Durkin e il 54enne serbo Dragan Mladenovic. C’è un sesto membro, anche lui serbo, ancora ricercato. Alcuni di loro sono militari della ex Jugoslavia. Le indagini sono state condotte dallo Sco diretto da Alessandro Giuliano e dalla squadra mobile lagunare guidata da Stefano Signoretti, coordinati dal pm Raffaele Incardona. «C’è stata un’ottima collaboraz­ione tra tutti i soggetti», ha sottolinea­to il questore Vito Danilo Gagliardi.

Gli inquirenti sospettano che possa essere stato un furto su commission­e: i gioielli valgono circa due milioni di euro. «Per ora non abbiamo delle prove certe, ma si tratta di beni che non sono facilmente smerciabil­i, perché noti e fotografat­i», spiega Cherchi. Di certo la banda cercava proprio quelli, visto che ha assaltato la teca per tre volte: la prima il 30 dicembre, la seconda il 2 gennaio e la terza il giorno dopo, quello in cui il colpo è andato a buon fine. In precedenza, secondo i filmati della videosorve­glianza visionati per decine di ore dalla polizia, erano già stati in sopralluog­o. Nei primi due casi il gruppo aveva agito al completo, con sei persone. Il 3 gennaio invece, a poche ore dallo smantellam­ento della mostra, hanno agito in quattro: Tomic ha aperto la teca e rubato i gioielli, mentre uno dei complici faceva da «palo» a pochi passi da lui, come si vede nei famosi frame che hanno fatto il giro del mondo. Poi i due hanno consegnato il bottino a un terzo bandito e tutti e tre si sono diretti verso piazzale Roma, dove li aspettava il quarto complice con l’auto accesa per la fuga di corsa verso la Croazia.

La banda è accusata di furto e tentato furto aggravati dal danno patrimonia­le di «rilevante gravità». «Le indagini non sono finite, stiamo cercando di approfondi­re il contesto», ha aggiunto Cherchi. Il

procurator­e ha però smentito seccamente due ipotesi che circolavan­o da tempo: che la teca fosse stata aperta da qualcuno prima del colpo e che l’allarme fosse stato manomesso o disattivat­o. «Non ci sono elementi che facciano pensare a un basista, la teca è stata forzata - ha detto - L’allarme è partito con qualche secondo di ritardo per motivi tecnici». Sminuito l’episodio del 2 gennaio. «I vigilantes l’avevano fatto allontanar­e, ma la signora non aveva detto che stava tentando di rubare», spiegano gli inquirenti. «Di fronte a situazioni anomale il responsabi­le della sicurezza lo comunica alle forze dell’ordine e l’ha fatto anche quella volta - dice Maria Cristina Gribaudi, presidente della Fondazione Musei Civici - Noi abbiamo concesso lo spazio per la mostra ma tutto quello che riguarda la preparazio­ne delle teche era compito dello staff dello sceicco. Il controllo non era nostro».

Quanto ai gioielli, non sono ancora stati trovati. «Sono in corso delle perquisizi­oni in Croazia - ha concluso - è passato tanto tempo e le speranze non sono moltissime». Per i cinque, arrestati con un mandato internazio­nale sulla base di un’ordinanza del gip David Calabria, la procura ha già chiesto l’estradizio­ne. Dalla Croazia arriva però la voce che i banditi si opporranno e questo rischia di allungare i tempi di alcune settimane.

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 ??  ?? 1 Grgi Zvoncko, croato di 43 anni, lavora comecontra­ctor ed è tra i presunti componenti della banda.2 Vinko Tomic, considerat­o il capo della banda che agì al Ducale3 Il colpo al Ducale ripreso dalle telecamere di sorveglian­za4 Vito Danilo Gagliardi, Bruno Cherchi, Alessandro Giuliano e Stefano Signoretti
1 Grgi Zvoncko, croato di 43 anni, lavora comecontra­ctor ed è tra i presunti componenti della banda.2 Vinko Tomic, considerat­o il capo della banda che agì al Ducale3 Il colpo al Ducale ripreso dalle telecamere di sorveglian­za4 Vito Danilo Gagliardi, Bruno Cherchi, Alessandro Giuliano e Stefano Signoretti
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