Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Processo mediatico, giustizia e informazione «Serve trasparenza nell’accesso agli atti»
PADOVA Avvocati, magistrati, forze dell’ordine. Dietro alle notizie di cronaca giudiziaria c’è un «puzzle» formato dalle «tessere» più o meno frammentarie fornite al giornalista in via confidenziale da ciascuna di queste fonti. «Non sarebbe meglio mettere a disposizione gli atti del processo in momenti definiti, per garantire la parità di accesso a tutti?»: a lanciare la proposta formulata dal collega Luigi Ferrarella è il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, ospite ieri a Padova del convegno «Virtù e limiti del processo mediatico» organizzato nella Sala dei Giganti dall’Unione Triveneta dei consigli dell’Ordine degli avvocati e dall’Ordine degli avvocati di Padova.
Patrizia Corona, presidente dell’Unione Triveneta, descrive il processo mediatico come «una calamità a cui non possiamo sottrarci» e chiama in causa l’Ordine dei giornalisti, invitato a «riscoprire il valore delle sanzioni disciplinari».
Fontana apre una riflessione sui rapporti tra la macchina della giustizia e la stampa, auspicando una maggiore trasparenza nell’accesso agli atti, che ridurrebbe «i rischi di manipolazione» e garantirebbe in cambio «un’informazione fatta meglio, perché basata solo sulla capacità di fare collegamenti» tra le parti di un insieme. «Alle sanzioni credo poco - ha aggiunto Fontana -. Ricevo una media di 10-15 querele alla settimana e non ho mai subito una condanna, anche perché spesso l’uso della querela ha a che fare con le intimidazioni più che con la fattualità. Il problema delle fake news è che si possono rimuovere, ma nel frattempo sono entrate in circolo e ci restano per sempre: quel che si fa prima è fondamentale, quel che si fa dopo conta poco o nulla. Per i giornalisti, più che ad una multa, si potrebbe pensare a una “sanzione” che colpisce la reputazione, riconoscendo l’errore».
Nel dibattito sul processo mediatico, aperto in mattinata dall’avvocato Giuseppe Pavan, Fontana affronta i nodi aperti: «Sono contrario all’assenza di regole e all’esagerazione, ma non sono d’accordo con chi lascia intendere che il processo non dovrebbe svolgersi in pubblico, che le carte dovrebbero essere riservate e che il diritto all’informazione sarebbe meno rilevante di altri aspetti. Il giornalista deve sempre cercare l’equilibrio tra il diritto del cittadino a essere informato, la presunzione d’innocenza e il rispetto della privacy».
Pur senza negare «che giustizialismo e protagonismo può circolare tra giornalisti I relatori al convegno «Virtù e limiti del processo mediatico»
ma anche nei palazzi di giustizia», Fontana vede il bicchiere mezzo pieno: «La violazione del segreto è un tema usato spesso a proposito, perché ormai i casi in cui la notizia si basa su atti che non sono ancora a conoscenza di tutte le parti in causa sono rarissimi.
Non tutto è rimasto come una volta: non si vedono più foto di persone arrestate in manette, la carta che tutela i diritti dei minori è rispettata e non ci sono più paginate di intercettazioni offerte senza filtri. Ora si ragiona per cercare di capire quali sono le cose rilevanti».
Sul fronte della giustizia però l’allarme resta alto. Secondo Pierantonio Zanettin, ex esponente del Consiglio superiore della magistratura, il processo parallelo della tivù «può portare a esiti diversi da quelli che potevano risultare sulla base degli atti, soprattutto quando c’è una giuria popolare che si abbevera a questo tipo di sentenze».
Per Alberto Vermiglio, presidente dell’Associazione italiana giovani avvocati, la stampa «è la terza realtà oltre a quella fattuale e processuale, e può indirizzare la pronuncia del giudice. L’attività degli avvocati non si esaurisce più in aula, perché siamo obbligati a tutelare l’assistito anche fuori: io ho sempre pensato di non partecipare ai talk show per motivi di decoro, ma è un tema su cui riflettere per garantire il contraddittorio».
«I media sono veloci, noi dobbiamo esserlo di più chiosa Andrea Ostellari, presidente della commissione Giustizia del Senato e relatore della legge sulla legittima difesa -. Del processo mediatico fanno paura il linguaggio e le modalità espositive».
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Luciano Fontana Un equilibrio tra il diritto del cittadino di essere informato e la presunzione d’innocenza
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Pierantonio Zanettin C’è una giuria popolare che si abbevera a questo tipo di sentenze fuori dalle aule giudiziarie