Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Miteni, il tribunale dichiara il fallimento
De Rosa curatore, ipotesi di esercizio provvisorio per gestire le emergenze. L’ira delle mamme no Pfas
VICENZA Il tribunale ha dichiarato ieri il fallimento della Miteni.
● La Miteni, di proprietà della multinazionale Icig, dichiarata fallita ieri dal tribunale di Vicenza, è al centro della vicenda dei Pfas, scoppiato nel 2013 per l’inquinamento della falda in 21 Comuni di Verona, Vicenza e Padova
● La procura di Vicenza, dopo aver sequestrato l’area del Poscola, ha aperto un’inchiesta mandando avvisi di garanzia a nove manager dell’azienda di Trissino ieri dichiarata fallita
● Sul tavolo ora resta la questione della bonifica dei terreni il sui costo si aggirerebbe sui 100 milioni VICENZA Un deficit che peggiora di giorno in giorno dovuto anche al blocco della produzione, la prospettiva di un’onerosa bonifica la liquidità drasticamente ridimensionata: dai 3 milioni di euro di luglio ai 750mila euro di settembre, senza quella boccata di ossigeno (da 4 milioni) chiesta e mai arrivata dalla proprietà. Ed ecco che si arriva ad aprire la procedura di licenziamento collettivo dei 121 dipendenti e a depositare i libri in tribunale. Al fallimento. Con però l’ipotesi, ora al vaglio, di un esercizio provvisorio, da affidare al curatore.
Proprio così: Miteni Spa, l’azienda chimica di Trissino al centro di un’inchiesta penale sul vasto inquinamento da Pfas che ha interessato il Vicentino e parte delle province di Padova e Verona, è fallita. La sentenza del collegio del tribunale di Vicenza presieduto da Giuseppe Limitone è arrivata ieri mattina, ad appena ventiquattr’ore dalla prima udienza fallimentare, a cui ha preso parte anche l’ad di Miteni, Antonio Nardone, che dato il tracollo aveva presentato istanza di autofallimento (non formalizzato da creditori) e che fuori dall’aula aveva parlato di una cordata di imprenditori per far rinascere l’azienda. E se il commissario giudiziale Domenico De Rosa, nominato curatore fallimentare, dovrà occuparsi dell’inventario e l’azienda avrà tre giorni di tempo per depositare bilanci, scritture contabili e lista creditori in tribunale, la «seduta» non si chiude qui. Troppo complessa e complicata la vicenda per risolverla così, con una prossima udienza fissata al 12 marzo 2019 per l’esame dello stato passivo.
Il tribunale, emessa la sentenza, si è già messo al lavoro con i vari enti coinvolti (in primis la prefettura dove c’è stato subito un incontro) per verificare l’esatta portata e livello delle criticità legate a Miteni (dalla messa in sicurezza degli impianti, alla bonifica, ai dipendenti). Per capire – in tempi rapidi, assicurano - se sia possibile dare risposte positive e procedere quindi con interventi risolutivi. Tra le opzioni anche l’esercizio provvisorio, per riuscire a fronteggiare le emergenze. Con cabina di regia il tribunale: «Se questo accadrà verrà fatto coinvolgendo le migliori risorse e gli interlocutori del territorio - fa sapere il presidente Alberto Rizzo - per individuare le soluzioni migliori».
Favorevole anche la Miteni: «Prendiamo atto della sentenza. Auspichiamo che nell’interesse di tutti venga disposto l’esercizio provvisorio che permetterebbe all’azienda di proseguire le attività come da cronoprogramma – si legge nella nota - purché i lavoratori recedano dall’agitazione anomala con occupazione degli impianti, rifiutandosi di definire gli addetti alla sicurezza e alla sorveglianza». Cronoprogramma – e cioè un piano in nove settimane per garantire lo svuotamento degli impianti – per il quale gli enti preposti, da Provincia ad Arpav, stanno ora verificando la fattibilità, a partire proprio dalle maestranze. A parlare di «messa in sicurezza degli impianti» come «priorità» anche l’assessore regionale al lavoro Elena Donazzan, giovedì al tavolo della Regione con i sindacati. «Chiederò agli enti di valutare la necessità di coinvolgere i singoli lavoratori nella definizione del piano di messa in sicurezza delle parti del sito dedicate alle fasi più delicate della produzione».Donazzan che si è subito resa disponibile ad affrontare la vicenda con la curatela fallimentare e i sindacati. Ha già inoltre garantito ai dipendenti ogni strumento di politica attiva e assicurato che si interfaccerà con il Ministero del Lavoro circa lo strumento di cassa integrazione più idoneo. «Ci sono tutte le condizioni per poter utilizzare gli ammortizzatori sociali» fa sapere Riccardo Camporese, segretario di Ust Cisl Vicenza. Parlano di «allarme e preoccupazione» Cgil e Filctem «perché con questa scelta l’azienda ha scaricato su lavoratori, cittadini e territorio tutte le sue responsabilità». Infine, le mamme No Pfas prendono di mira l’ad Nardone: «Vigliaccamente abbandona la nave, lasciando ricadere i costi della bonifica sullo Stato e i dipendenti senza lavoro».