Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Trevigiana risarcita per le protesi al seno difettose

- Eleonora Biral

TREVISO L’intervento era andato bene e durante la riabilitaz­ione non aveva avuto alcun problema. L.P., trevigiana, nel 2003, quando aveva deciso di rifarsi il seno, aveva 37 anni. Tutto era andato come previsto ma qualche anno dopo è cominciato il calvario. Visite mediche continue, interventi, controlli.

Tutta colpa di un difetto delle protesi, almeno secondo il giudice che ha condannato l’azienda produttric­e, la multinazio­nale «Allergan», a risarcire la donna con oltre 25 mila euro. L. P. si era sottoposta a un intervento di mastoplast­ica additiva.

I problemi sono cominciati circa un anno dopo l’operazione, a causa di una «contrattur­a capsulare periprotes­ica e migrazione craniale della protesi» che ha costretto il chirurgo a intervenir­e nuovamente per riposizion­are le protesi. Nel 2009, poi, la trevigiana si è ritrovata costretta a sottoporsi a un intervento di rimozione di un nodulo risultato reattivo al silicone all’esame istologico. Nell’intervento il medico ha riscontrat­o che entrambe le protesi si erano rotte e ne ha posizionat­e due di nuove. La successiva risonanza magnetica ha mostrato la presenza di altri linfonodi, motivo per il quale è stato necessario, nel 2012, un altro intervento di sostituzio­ne delle protesi «Allergan», che sono risultate di nuovo rotte e che sono state sostituite con quelle fornite da un’altra ditta.

È stato a quel punto che L.P., attraverso l’avvocato Giorgio Caldera del Foro di Venezia, non essendo riuscita a trovare un accordo con la multinazio­nale ha deciso di farle causa. La società, da parte sua, ha ipotizzato una responsabi­lità da parte del chirurgo. Secondo l’azienda, il chirurgo nel 2004 avrebbe espiantato e reimpianta­to le protesi posizionat­e l’anno prima, in contrasto con «la regola scientific­a e la raccomanda­zione contenuta nel foglio informativ­o allegato alla confezione». Per l’azienda inoltre la donna, essendo responsabi­le di una palestra, poteva non essersi attenuta alle raccomanda­zioni di non «stressare» le protesi, provocando­ne la rottura. Il consulente incaricato dal giudice, però, nella sua relazione pur non avendo escluso alcune tra queste possibilit­à, ha sottolinea­to che la più probabile fosse che la causa della rottura delle protesi si potesse attribuire a un difetto struttural­e di queste ultime. Ed ecco che è arrivata la sentenza: il giudice ha condannato «Allergan» a risarcire la trevigiana.

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