Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Victoria, Maria, Eyob ritorno su banchi da adulti «Studiamo per cambiare»
Sono 1.400 gli iscritti ai corsi provinciali per la licenza media
MESTRE Terza ora, grammatica. La lavagna elenca gli articoli della lingua italiana: il, le, lo, la... sono tanti, un’infinità. Ma per Victoria, seduta su un banco un poco stretto per la sua età, sono solo uno scalino per arrivare alla meta: «Faccio le pulizie, ma non fa per me. Ho 26 anni, l’anno prossimo mi sposo – brusio in classe, non lo sapeva nessuno – in Romania ho fatto il liceo. Mi piacerebbe laurearmi in biologia». Al suo posto un paio d’anni fa sedeva un imprenditore italiano. Un veneto vero, che con esperienza e capacità si era costruito economicamente un impero. Anche a lui serviva, per orgoglio o per rimorso, quel pezzo di carta. Aveva solo la quinta elementare.
Non è la laurea né il diploma che cercano ogni anno almeno 1400 adulti in provincia di Venezia, ma la licenza di terza media. Italiani e stranieri che siedono insieme sui banchi del CPIA, il Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti di Venezia, che conta una dozzina di sedi in altrettante scuole – ma se serve non disdegna i centri civici e le aule parrocchiali – più due sedi carcerarie e circa 60 insegnanti specialisti. Una scuola pubblica che fa le veci delle vecchie 150 ore e che mira, per precisa volontà dell’Unione Europea, ad innalzare il livello generale di istruzione e abbattere i costi sociali dell’analfabetismo culturale: «Per il 95 per cento i nostri allievi sono stranieri immigrati — afferma il dirigente scolastico Carlo Vignato — ma in certe zone sono parecchi anche gli italiani». Come a Chioggia dove cinquant’anni fa l’odore dei pescherecci sostituiva facilmente quello dei libri.
E allora si torna a studiare, mescolandosi a spaccati di vita a tratti eccezionali. Tra i banchi di Dolo siede Abdul, siriano: stava finendo la laurea in Turismo quando a Damasco è scoppiata la guerra e ora, in Italia, deve ricomincia- re da capo. Maria è una cantante brasiliana, dopo 25 anni da mamma sogna la laurea al conservatorio musicale. Rolando cerca le parole: «In Ecuador ero avvocato e notaio. Qui vorrei diventare almeno assistente legale...». Sforza un buon italiano anche Luis, ma termina in un concitato spagnolo: per un anno ha lavorato in Venezuela nei servizi segreti e per altri due nella scorta di un generale del contestato leader Maduro. La corruzione l’ha fatto scappare e ora ha una vita da reinventare.
E poi minori non accompagnati, analfabeti quasi totali spesso africani, inviati dalle strutture di accoglienza e accolti da insegnanti di frontiera, abituati ad una scuola che va dagli studenti e non viceversa, lì dove si formano i nuovi cittadini con tutte le conflittualità e contraddizioni del caso. Il vicepreside Giovanni Battista De Dominici parla di crediti formativi e patto educativo, di programmi personalizzati che danno valore ai mestieri imparati in patria e di difficili ore di insegnamento frontale, ma racconta anche di aver condiviso con un gruppo di studenti musulmani il Ramadan. Saltato qualche pasto? «Tutti li ho saltati. Ho mangiato come loro solo dopo il tramonto. Questo li ha colpiti: perché un insegnante si avvicinava fino a questo punto? Ma non è buonismo il mio: sono tra quanti credono che l’accoglienza in questo paese non funziona – continua il professore – molti studenti vengono accolti come semplici assistiti, il nostro compito diventa risvegliare in loro l’iniziativa personale, e si fa una bella fatica dopo mesi trascorsi in comunità a dormire e aspettare. E il conflitto tra culture esiste eccome, e crescerà ancora. E’ una fase. La società è questa e la dobbiamo accettare».
L’ha accettata Eyob che quattro anni fa è partito dal Gambia e, finiti i soldi dopo il primo confine, ha lavorato tre mesi in Senegal e un anno in Libia prima di sbarcare a Lampedusa. «Ma la Sicilia non mi piaceva, il nostro Veneto mi piace ben di più – sottolinea fiero – e qui se vuoi andare avanti devi studiare». Nella classe accanto, il maestro Gianluca Ruffato tiene il corso di alfabetizzazione: «Pensate solo al valore di insegnare ad un ragazzo africano a dare del lei anziché sempre del tu, ai risvolti nella vita quotidiana». E se c’è chi impara l’italiano da Youtube, la maggior parte studia per saper compilare un modulo, per il permesso di soggiorno, per iscriversi alla Camera di Commercio. O per scalare la montagna dell’istruzione italiana, e costruirsi un nuovo futuro.
"Docente Ho fatto il ramadan con molti miei studenti, erano stupiti