Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il pm: 15 anni per l’omicidio Gritti «Ho sparato a caso, senza vedere»
Il legale: è stata legittima difesa. La gelosia e la serratura sfondata
VENEZIA A un certo punto dell’arringa l’avvocato Claudio Beltrame ha tirato fuori una serratura, uguale a quella che c’era sulla porta della casa di rio de le Chiovere a Venezia. «Ivano Gritti con un calcio ha quasi strappato la serratura dalla porta e Ciro Esposito, che aveva paura, ha sparato per difendersi», ha detto. Esposito, al suo fianco, non ha preso la parola, ma finalmente in un memoriale di due pagine ha raccontato la «sua» verità su quella notte dell’8 gennaio scorso, quando uccise con un colpo di pistola l’amico Gritti («era come un fratello», ha scritto), 47enne veneziano. Una versione alternativa a quella del pm Patrizia Ciccarese, che ha chiesto una condanna a 15 anni per omicidio volontario e detenzione dell’arma, ma ammettendo che per lei un vero movente del delitto non
c’è. Beltrame ha chiesto l’assoluzione o al massimo il riconoscimento della «legittima difesa putativa». La moglie (separata) e il figlio, con l’avvocato Antonio Alessandri, hanno chiesto 500 mila euro di danni.
Esposito aveva sparato a Gritti attraverso la porta a vetri della casa Ater in cui abitava, all’una e un quarto di notte, dopo che quest’ultimo si era presentato con un amico (sfiorato dal secondo proiettile), intimandogli di aprire. L’omicida ieri ha messo da parte ipotesi come quella che fosse venuto a riprendersi il cane oppure che lui gli avesse sparato senza riconoscerlo. Ha ammesso che sapeva bene che era lui, ma che temeva che lo volesse uccidere o quanto meno picchiare dopo aver scoperto che aveva avuto una relazione con la sua compagna. «Ho sparato a caso, era buio - ha detto Gritti - non volevo uccidere ma solo sventare un pericolo». Esposito ha spiegato di aver detto più volte di andarsene, poi è arrivato quel calcio. «Se loro se ne fossero andati non avrei fatto nulla - ha spiegato al gup Barbara Lancieri Purtroppo ne è andato di mezzo il mio migliore amico e non riuscirò mai ad averne pace». (a. zo.)