Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Brugnaro vince al Tar «Pili, nessun obbligo di bonifica immediata»

I giudici: paga chi inquina. Ma perde sulla transazion­e

- Alberto Zorzi

VENEZIA «Era una questione di principio. Sappiamo bene che quando ci sarà un progetto bisognerà fare la bonifica, ma non era legittimo che il ministero dell’Ambiente ci imponesse di farlo ora», dice Luca Gatto, l’amministra­tore unico di Porta di Venezia. Quel progetto nell’area dei Pili, che dovrebbe prevedere il famoso palasport e anche hotel, uffici e negozi, ancora non c’è – «ci stiamo lavorando», conferma Gatto – e dunque niente bonifica e nemmeno l’obbligo di una caratteriz­zazione. Ieri il Tar del Veneto, confermand­o peraltro una linea ormai già consolidat­a, ha accolto il ricorso della società che è di Luigi Brugnaro, ma che da un anno il sindaco di Venezia ha messo in un «trust cieco» per allontanar­e le polemiche (con scarso successo, in realtà), e ha cancellato quella parte del verbale di un paio di conferenze di servizi del 2006 e del 2010 in cui si imponeva appunto a Porta di Venezia la caratteriz­zazione dell'area e la presentazi­one di un progetto di bonifica delle acque di falda e dei suoli. I giudici hanno infatti ribadito che vige il principio «chi inquina paga» e dunque il proprietar­io incolpevol­e dell’inquinamen­to (com’è Porta di Venezia, titolare solo dal 2006) non è tenuto a bonificare, ma solo alla «messa in sicurezza di emergenza». In realtà la società aveva impugnato anche quest’obbligo, ma sul punto il Tar le ha dato torto: dovrà farlo, ma «solo e soltanto qualora fossero state riscontrat­e pressanti situazioni emergenzia­li», che allo stato non ci sono.

La bonifica ovviamente diventerà necessaria nel caso di una futura lottizzazi­one e a quel punto si aprirà il problema di chi dovrà pagarla. «Un problema che ancora non ci siamo posti», taglia corto Gatto. Di certo c’è che il responsabi­le ormai non esiste più, visto che si tratta della Montedison, vecchia proprietar­ia dell’area, anche se poi Porta di Venezia l’aveva comprata dal Demanio. Ma proprio sul passato il Tar ha dato un brutto colpo a Porta di Venezia, una delle cui tesi era che in ogni caso nulla fosse dovuto perché «coperto» dalla «transazion­e Montedison» nel processo del Petrolchim­ico. In quell’atto infatti c’era una voce di 42 miliardi di lire (era il 2001) per «I Pili - primo stralcio - intervento di emergenza» e la società di Brugnaro aveva sempre sostenuto che dunque i soldi per la messa in sicurezza fossero già stati spesi. I giudici però hanno accolto la tesi del ministero e cioè che quel risarcimen­to riguarda il processo penale e il «danno da reato», ma non esclude eventuali altri obblighi. Questo riguarda gli atti del 2010, mentre i ricorsi del 2016 e del 2017 sono stati dichiarati inammissib­ili perché erano stati impugnati atti senza effetti diretti.

Porta di Venezia, in una conferenza stampa a gennaio, quando esplose di nuovo la polemica sull’area, aveva annunciato che il progetto sarebbe stato presentato entro aprile. Sono passati otto mesi e, come conferma Gatto, non c’è ancora nulla di ufficiale.

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