Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Il teste del delitto Gritti Schianto in autostrada trovato morto a casa furgone sotto un tir per sospetta overdose muore il passeggero

Rath quella notte era con Ivano: la condanna 3 giorni fa Max Vedovato era molto conosciuto a Noventa

- Eleonora Biral A.R.T.

VENEZIA Quando la mamma, ieri pomeriggio, è tornata a casa, non c’era già più niente da fare. Il figlio era disteso, non si muoveva, non respirava più. In fianco al corpo, le tracce inequivoca­bili di una dose di droga. È stata l’ultima, quella che ha ucciso Cristopher Rath, 33enne di origini straniere ma nato in Italia, nella sua casa al Lido di Venezia. E’ morto a due giorni dalla sentenza che ha condannato a 15 anni e 4 mesi Ciro Esposito, il 49enne napoletano che ha ucciso l’amico Ivano Gritti lo scorso 8 gennaio in centro storico. Cristopher di quel delitto era stato un testimone chiave perché quella sera era insieme a Gritti in calle de le Chiovere, nel sestiere di San Polo.

Il giovane, che dopo l’omicidio era fuggito e aveva lanciato l’allarme, era stato rintraccia­to successiva­mente dai carabinier­i e aveva raccontato cos’era accaduto quella notte, poco dopo l’una. «Io e Ivano eravamo andati a prendere il cane – aveva detto - Il secondo proiettile era per me». Quella notte maledetta era proprio a fianco di Gritti quando era stato raggiunto da diversi colpi di pistola, uno dei quali all’occhio, esplosi attraverso la porta da Esposito, che si è sempre difeso sostenendo di aver avuto paura e di non aver riconosciu­to l’amico, pensando che si trattasse di un ladro. I mesi precedenti il giovane era stato al centro di una denuncia per scomparsa, fatta dai familiari. Era il maggio del 2017, da un mese non dava alcuna informazio­ne su di sè e la famiglia si era preoccupat­a. Lui era a Londra a fare lavori saltuari, sarebbe dovuto tornare a Venezia per cominciare un nuovo lavoro, ma solo settimane dopo è rientrato. Qualche mese più tardi, era rimasto coinvolto nel delitto. Cristopher Rath aveva 33 anni ed era nato al Lido. E’ stato trovato morto dalla madre, accanto una siringa

Cristopher, nonostante lo shock, era tornato alla sua vita di prima. Una vita che lo aveva visto per anni combattere contro la droga, in particolar­e contro l’eroina che, ieri, secondo le verifiche della polizia lo ha ucciso. Vicino a lui, dove la mamma lo ha trovato, c’era una siringa. L’eroina lo ha ucciso come è successo a tanti altri prima di lui negli ultimi due anni nel veneziano. Ci sono stati gli 11 decessi causati dall’eroina gialla, dopo i quali la polizia con un blitz a Mestre ha smantellat­o una banda di nigeriani con decine di arresti, e poi altri sei. L’ultimo risale a ottobre e la vittima era un bidello di 50 anni di Mestre. Ieri, poi, Cristopher, che forse era morto da alcune ore. VENEZIA Si schianta con il furgone contro un camion che lo precede in autostrada: lo scontro è fatale al passeggero. Ieri alle 15 un 39enne di Noventa di Piave, Max Vedovato, è morto in un incidente sull’autostrada A4 fra i caselli di Montecchio Maggiore e Vicenza Ovest. Secondo le prime ricostruzi­oni della polizia stradale, intervenut­a sul posto con il Suem 118 e i vigili del fuoco, il furgone per motivi ignoti è finito addosso alla parte posteriore del camion. I segni di frenata sull’asfalto erano evidenti: il tentativo di rallentare da parte del furgone però non è bastato. Il conducente - V.Z. di 67 anni, di San Donà di Piave – è rimasto ferito, con politrauma­tismi, ma Max Vedovato ha avuto la peggio: il 39enne di Noventa era nel posto del passeggero e ha subito l’impatto più forte dello scontro.

In pochissimo tempo la notizia del tragico schianto ha raggiunto Noventa, dove Vedovato e tutta la sua famiglia sono molto conosciuti. Flavio, il padre di Max, aveva infatti fondato nel 1990 la Sv impianti, storica azienda del settore della progettazi­one e realizzazi­one di impianti per inerti e acciaierie, dove lo stesso Max aveva lavorato con i fratelli Manuel, Ilenia e Alex finché la ditta non ha cessato l’attività. Subito dopo era passato alla Iron and Steel Engineerin­g and Technology dell’ingegner Roberto Leo, che con Vedovato aveva già lavorato per diversi anni alla Sv impianti. Ieri stava rientrando da Vicenza proprio al termine di un piccolo intervento di routine eseguito presso l’azienda di un cliente. «Era un ragazzo pieno di vita e di volontà — racconta affranto Leo — non volevo crederci, è una tragedia sia dal punto di vista personale che da quello profession­ale». Sconvolto dalla notizia anche il sindaco Claudio Marian, che con Vedovato aveva condiviso i banchi Max Vedovato appartiene a una famiglia di imprendito­ri molto noti. Organizzav­a gli eventi della città

La fuga

I colpi di pistola avevano sfiorato anche lui: era scappato dando l’allarme

di scuola. «Non riesco a credere che sia vero, che Max abbia perso la vita in questo modo — commenta con la voce strozzata — è sempre stato un ragazzo sorridente, a cui piaceva la compagnia e in particolar­e quella dei suoi compaesani – racconta -. Era molto attaccato al suo paese, contribuiv­a all’organizzaz­ione di molti eventi e partecipav­a a tutti quelli che si svolgevano qui». Molto dedito al suo lavoro, Vedovato dedicava la maggior parte del suo tempo libero alla moglie e alla figlia 13enne ma amava ritagliars­i dello spazio per la passione verso la moto. Un amore per le due ruote che condividev­a con gli amici partecipan­do ai raduni e agli eventi organizzat­i dall’associazio­ne «Scarburai».

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