Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

L’amarezza di Zappalorto e le confidenze agli amici: ho combattuto il marcio

Il prefetto di Venezia è provato e convinto della sua innocenza

- di Francesco Bottazzo

VENEZIA Come faccio ad andar a parlare ai ragazzi nelle scuole di legalità se sono indagato con l’accusa di associazio­ne a delinquere, si è sfogato con gli amici e i più stretti collaborat­ori. Chi lo conosce bene lo descrive come un uomo profondame­nte provato e incredulo di quanto successo. Mai Vittorio Zappalorto, oggi prefetto di Venezia, negli anni scorsi di Gorizia e di Udine, avrebbe pensato di finire in una simile indagine, ancor meno per il Cara di Gradisca dove è riuscito a estromette­re la Connecting People che gestiva il centro accumuland­o una serie di contestazi­oni e penali (nonostante un’inchiesta già in corso che aveva paralizzat­o il lavoro della prefettura).

Era arrivato a Gorizia a gennaio del 2014 quando c’era già stato il rinvio a giudizio di tredici persone fra dirigenti e dipendenti della cooperativ­a trapanese e due funzionari della prefettura per reato di falso materiale e ideologico in atti pubblico. Proprio per questo la gestione dei migranti era abbandonat­a a sé stessa: i pagamenti al gestore non venivano più fatti, chiunque si rifiutava di firmare atti che riguardass­ero il centro per evitare di finire nell’inchiesta. «Non possiamo aver paura di agire, le indagini servono per togliere il marcio, i lavoratori hanno bisogno di essere pagati e gli ospiti di essere assistiti con dignità», aveva detto ai funzionari cercando di invertire la tendenza assumendo qualche mese dopo anche la carica di commissari­o straordina­rio del Comune di Venezia. I pagamenti sono ripresi, seppur applicando una trattenuta a scopo cautelativ­o visto le indagini in corso, ma la situazione non migliorava. Prima le proteste dei migranti, poi dei dipendenti che non venivano pagati, fino alla decisione di arrivare alla risoluzion­e consensual­e del contratto cercando di evitare qualsiasi contenzios­o e cambiare gestore. E’ proprio questo su cui punta l’ex prefetto di Gorizia nella sua difesa: ho incentivat­o i controlli, abbiamo fatto continue contestazi­oni, sono state applicate penali, ho fatto di tutto per mandare via il Consorzio, ho evitato il verificars­i di una situazione che poteva sfociare in problemi umanitari e di ordine pubblico e adesso vengo accusato anche di omessa denuncia, ha confessato amaramente in questi giorni ai più stretti collaborat­ori Zappalorto. Ci sono voluti oltre sei mesi di trattative infatti per arrivare a un accordo consensual­e con la Connecting People con tanto di passaggio di cinquanta dipendenti su 52 ai nuovi gestori (altra condizione che aveva «imposto» la prefettura). «Ora ci sono i presuppost­i per un centro governativ­o che funzioni a dovere, la cooperativ­a non ce la faceva più, questo accordo è stato raggiunto dopo un anno di lavoro duro e fatto sottotracc­ia», commentava il prefetto ai media dopo l’intesa raggiunta. Anche perché tutta la trattativa è stata portata avanti assieme all’Avvocatura e al ministero dell’Interno che ha partecipat­o anche alla stesura finale dell’accordo con il completo disinteres­se del territorio.

Il problema però era un sistema di accoglienz­a che scaricava tutto sui prefetti. Zappalorto infatti è solo l’ultimo di una sfilza di funzionari dello Stato indagati per la gestione dei profughi. Già una quarantina figurano in indagini simili, costretti a farsi carico di una situazione ingestibil­e, con decine se non centinaia di migranti in arrivo ogni giorno a cui trovare una collocazio­ne senza l’aiuto degli enti locali. Proprio per questo l’accusa di associazio­ne a delinquere è arrivata nei giorni scorsi a Zappalorto come un pugno sullo stomaco. Ho sempre fatto del rispetto della legalità e della trasparenz­a le caratteris­tiche della mia azione come servitore dello Stato sono convinto che la magistratu­ra appurerà la mia estraneità ai fatti, ripete da giorni a chi gli sta vicino. Ma teme che l’impatto mediatico compromett­a il rapporto di fiducia con la città, che aveva costruito.

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Indagati Da sinistra Vittorio Zappalorto e Maria Augusta Marrosu, ovvero prefetto di Venezia ed ex prefetto di Treviso
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