Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Video ironico su Whatsapp licenziata e poi reintegrat­a

Commessa di Gucci vince il ricorso: «Conversazi­one privata»

- A. Zo.

VENEZIA Un video magari un po’ dissacrant­e, ma nemmeno troppo hard: il manager del negozio di Calle Larga XXII Marzo ripreso in mutande mentre usciva dal bagno con in mano una bottiglia piena di un liquido «giallo paglierino» («ma era tè», precisa subito l’avvocato Jacopo Molina). E poi la solita «ragazzata» di farlo girare nella chat di Whatsapp dei colleghi di lavoro. Peccato che tra di loro ci sia stato qualcuno che forse non l’ha gradito o forse ha pensato di sfruttare l’occasione per mettersi in buona luce con l’azienda: fatto sta che il video è arrivato ai vertici di Gucci che ha deciso di licenziare entrambi, sia la commessa che il capo negozio.

Quest’ultimo ha trovato un posto di lavoro a Milano per un’azienda concorrent­e: inizialmen­te aveva impugnato il licenziame­nto, sempre con l’avvocato Molina, ma poi è ● Il 16 febbraio scorso una commessa del negozio di Gucci in Calle Larga XXII Marzo è stata sospesa e poi licenziata per aver postato in una chat un video ironico con il capo

● La donna ha impugnato il ricorso e il giudice del lavoro le ha dato ragione, imponendo all’azienda di riassumerl­a stato trovato un accordo transattiv­o che ha portato a un risarcimen­to. La commessa, invece, che ha 26 anni, ha passato dei mesi terribili per l’accaduto, avendo delle ricadute anche psico-fisiche. Ma ieri il giudice del lavoro Chiara Coppetta Calzavara le ha restituito un po’ di serenità, accogliend­o il suo ricorso e imponendo alla Luxury Goods Italia Spa di riassumerl­a pagandole gli stipendi dal 2 marzo – data del licenziame­nto – a oggi. Inoltre ha avviato un nuovo procedimen­to in cui stimare i danni biologici subiti da lei.

Il giudice infatti ha risolto il problema alla radice, contestand­o l’uso di una chat privata. La lettera del 16 febbraio scorso, con cui inizialmen­te la commessa era stata sospesa, si apriva infatti dicendo che «in questi giorni siamo venuti a conoscenza che Ella il giorno 23 luglio 2017 alle ore 14.49 ha postato un video nella chat...». E l’avvocato Molina aveva puntato non solo sulla sproporzio­ne della sanzione, ma anche e proprio sull’uso del messaggio. «I messaggi scambiati in una chat privata, seppure contenenti commenti offensivi nei confronti della società datrice di lavoro, non costituisc­ono giusta causa di recesso - scrive il giudice citando una sentenza della Cassazione - poiché, essendo diretti unicamente agli iscritti, vanno considerat­i corrispond­enza privata, chiusa e inviolabil­e». E quindi non può nemmeno essere usata per l’avvio di un procedimen­to disciplina­re.

Il capo Anche lui era stato cacciato ma poi ha cambiato azienda

I danni

Il giudice valuterà anche la richiesta per i danni biologici

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