Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Bpvi, il tribunale spiazza i liquidatori «Hanno rinunciato alle baciate»
La valutazione nella sentenza sull’insolvenza. Commissari in attesa delle regole
VICENZA Bpvi, il tribunale spiazza i commissari liquidatori sulle «baciate». Dunque Banca popolare di Vicenza era insolvente alla data di messa in liquidazione, il 25 giugno 2017, per 3,3 miliardi. È la conclusione a cui sono arrivati i giudici della prima sezione civile del tribunale di Vicenza (Giuseppe Limitone, presidente relatore, Giulio Borrella e Luca Ricci) nella sentenza del 21 dicembre depositata mercoledì, che apre, sul fronte penale, la possibilità d’indagare anche per bancarotta.
Oltre alle valutazioni storiche di un crollo epocale («una banca, che è anche un po’ salvadanaio, viene percepita come insolvente prima di tutto nel cuore della gente che vi ripone la sua fiducia - si legge nella sentenza - e questo è accaduto con Bpvi»), la sentenza fissa due principi, allineandosi a quanto già stabilito nella parallela decisione di Treviso (ora in appello a Venezia) su Veneto Banca.
Facendo proprie le conclusioni della consulenza tecnica affidata a Bruno Inzitari, la sentenza fissa che d’insolvenza si deve discutere di una società in liquidazione e non più in continuità, perduta due giorni prima, il 23 giugno, quando Bce aveva dichiarato la prossimità al dissesto e il cda di Bpvi stabilito la perdita della continuità. C’era stato, per Inzitari, un «crash di continuità». Fatto rilevante per l’inchiesta penale, perché salva da eventuali responsabilità l’ultimo cda di Atlante, per andare invece in cerca a ritroso, nell’epoca dei cda guidati da Gianni Zonin, le cause distrattive, basi dell’insolvenza.
L’altro principio fissato (pur se la conclusione è che la banca sarebbe risultata comunque insolvente) è che il contributo dello Stato a Intesa - 2,4 miliardi a Vicenza - per cedere le attività sane, va messo sul conto. Interpretazione che i giudici non approfondiscono più di tanto (il punto spinoso è se il contributo scatti con il contratto di cessione a Intesa, primo atto dei liquidatori, e quindi dopo la liquidazione) allineandosi alla perizia di Inzitari, secondo cui in sostanza va considerato come sbilancio patrimoniale perché «è il valore effettivo attribuito da parte del mercato» alla banca per farsene carico.
In attesa di veder materializzarsi i ricorsi in appello già annunciati dalla parte di Zonin, c’è poi una terza novità, incidentalmente nella sentenza, sulle «baciate», i finanziamenti concessi per acquistare azioni. I giudici la sollevano entro le valutazioni sul reale valore patrimoniale al momento della liquidazione, degli «evanescenti crediti deteriorati». Le baciate ne sono un esempio. Il valore delle azioni dissolto, scrivono i giudici, «va ad elidere la possibilità di recuperare crediti per finanziamenti in favore di soggetti compratori di azioni con operazioni baciate, che eccepiranno in giudizio la compensazione con il valore delle azioni acquistate in contesti negoziali caratterizzati da nullità». E cioé è fatale che i titolari di «baciate» chiederanno in una causa la nullità del prestito per acquistare azioni azzerate in valore, visto che il codice civile vieta il finanziamento delle azioni. E oltretutto, sostengono i giudici, il Testo unico bancario deroga al divieto della compensazione tra dare e avere, se la contestazione è avanzata prima della liquidazione. «Sicché la compensazione - scrivono i giudici - dovrà operare quanto meno per le cause già pendenti (e probabilmente anche per le richieste con semplice diffida)». Parole di non poco conto, se in qualche modo anticipano il giudizio sulle cause in corso a Vicenza.
In più la sentenza appoggia la valutazione dei crediti «baciati» come quasi già persi all’attività dei commissari liquidatori e a una loro relazione del 25 gennaio 2018: «I commissari - si legge nella sentenza - nell’incertezza della spettanza di tali ipotetici crediti della Lca, hanno già rinunciato, sia pure provvisoriamente, ad esigerli, per complessivi 1.086 milioni».
La situazione sul campo, da quel che si capisce, in realtà è più complicata. I commissari liquidatori non avrebbero fatto scattare alcuna rinuncia generalizzata alla restituzione delle «baciate». E avrebbero invece da tempo chiesto al ministero dell’Economia un confronto sulla linea operativa da tenere. Da definire in un vertice tra ministero, Bankitalia, liquidazioni e Sga dato per imminente. Da cui dovrebbero uscire le regole di comportamento almeno sui tipi principali di «baciate». Il tema è spinoso e sospeso tra due estremi. La rinuncia tout court alle «baciate» significherebbe per lo Stato, e gli altri creditori, veder sfumare in principio il rientro di 1,3 miliardi di crediti nominali. In un’operazione da mettere a confronto con il rimborso del 30% riconosciuto ai soci in Finanziaria. In un quadro che legalmente è un vero campo minato, perché se è pacifico che il capitale finanziato è nullo per il patrimonio di vigilanza, altrettanto la questione non lo è sul piano della giurisprudenza e della prassi in campo civile.