Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Toninelli boccia Zaia e Brugnaro Gestione del Mose: tutto rinviato

Passa l’emendament­o «ridotto»: arriverà in aula al Senato mercoledì prossimo

- Alberto Zorzi

VENEZIA La proposta del ministero delle Infrastrut­ture, che prevedeva la partecipaz­ione anche economica degli enti locali e l’ipotesi di una tassa di scopo, è stata cassata a furor di popolo: «Il Mose deve pagarlo lo Stato», hanno detto con una sola voce il governator­e Luca Zaia e il sindaco di Venezia e metropolit­ano Luigi Brugnaro, che poi avevano formalizza­to questa loro posizione in una controprop­osta scritta. Il ministero guidato da Danilo Toninelli l’ha però rispedita al mittente e dunque della gestione del Mose se ne riparlerà più avanti. L’emendament­o della discordia, presentato nell’ambito del decreto «sblocca cantieri», arriverà a breve in commission­e al Senato e la discussion­e in aula è prevista per il 29 maggio.

Cancellata l’ipotesi di creare una struttura pubblica per la gestione del Mose, restano però gli altri due punti fondamenta­li del testo: da un lato la nomina di un commissari­o straordina­rio che assuma la funzione di stazione appaltante e operi in raccordo con il Provvedito­rato e il Consorzio Venezia Nuova (anch’esso commissari­ato, anche se dall’Anac); dall’altro lo sblocco dei 265 milioni di euro della legge speciale fermi per la mancata convocazio­ne del Comitatone. Lo staff di Toninelli per la prima volta aveva messo nero su bianco il possibile futuro delle dighe, che sarebbero state gestite da una società pubblica composta da quattro ministeri (Infrastrut­ture, Politiche agricole, Beni Culturali ed Economia), dall’Autorità di sistema portuale, dalla Regione Veneto, dalla Città metropolit­ana e dal Comune di Venezia. Il nodo dello scontro è stato però quello dei soldi: la relazione illustrati­va dell’emendament­o infatti stimava in 100 milioni all’anno i costi per la gestione e manutenzio­ne del Mose e ipotizzata una divisione delle spese secondo cui i tre enti locali avrebbero dovuto mettere 10 milioni a testa. «I cittadini veneziani pagheranno il Mose quattro volte», era sbottato Brugnaro e anche Zaia aveva espresso la sua contrariet­à.

Il giorno dopo, il 9 maggio, anche grazie a un pressing serrato dei parlamenta­ri pentastell­ati veneti, che dopo poche ore erano andati a dire al ministro il loro «no» a questa ipotesi, si era tornati a un testo vago, in cui si diceva che ci sarebbe stato un decreto del Mit (di concerto con l’Economia e il Cipe) per «definire le modalità e le risorse economiche occorrenti per l’esecuzione e l’affidament­o a regime delle attività gestorie e manutentiv­e del sistema Mose». A quel punto però Zaia e Brugnaro avevano inviato delle osservazio­ni a quattro mani, in cui veniva confermata la composizio­ne del nuovo ente con i soggetti di cui sopra, ma si specificav­a chiarament­e e più volte che la dotazione finanziari­a sarebbe stata «integralme­nte a carico del bilancio dello Stato», così come il ripiano di eventuali passività.

Dal Mit però queste osservazio­ni non sono state accolte. «L’attuale formulazio­ne dell’articolo - scrive il ministero - non contempla la costituzio­ne di alcuna struttura deputata all’esecuzione e all’affidament­o delle attività gestorie e manutentiv­e del Mose». E’ tutto rimandato al decreto interminis­teriale e su questo – continua la lettera dei giorni scorsi – «si prende atto che l’amministra­zione regionale non ha espresso alcun rilievo critico». «Sicché - è la conclusion­e - in carenza di osservazio­ni al riguardo si procederà senz’altro alla presentazi­one della proposta emendativa nell’attuale formulazio­ne». Insomma, tutto rinviato.

Tra l’altro ieri gli studiosi del Cirga, guidato dal professor Gianfranco Perulli, ha lanciato l’idea che la Città metropolit­ana diventi una «cabina di regia» strategica, sia per il Mose che per le grandi navi, lo stadio e i fondi europei.

Da Roma La lettera: nessuna critica al testo attuale, dunque via libera

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