Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Toninelli boccia Zaia e Brugnaro Gestione del Mose: tutto rinviato
Passa l’emendamento «ridotto»: arriverà in aula al Senato mercoledì prossimo
VENEZIA La proposta del ministero delle Infrastrutture, che prevedeva la partecipazione anche economica degli enti locali e l’ipotesi di una tassa di scopo, è stata cassata a furor di popolo: «Il Mose deve pagarlo lo Stato», hanno detto con una sola voce il governatore Luca Zaia e il sindaco di Venezia e metropolitano Luigi Brugnaro, che poi avevano formalizzato questa loro posizione in una controproposta scritta. Il ministero guidato da Danilo Toninelli l’ha però rispedita al mittente e dunque della gestione del Mose se ne riparlerà più avanti. L’emendamento della discordia, presentato nell’ambito del decreto «sblocca cantieri», arriverà a breve in commissione al Senato e la discussione in aula è prevista per il 29 maggio.
Cancellata l’ipotesi di creare una struttura pubblica per la gestione del Mose, restano però gli altri due punti fondamentali del testo: da un lato la nomina di un commissario straordinario che assuma la funzione di stazione appaltante e operi in raccordo con il Provveditorato e il Consorzio Venezia Nuova (anch’esso commissariato, anche se dall’Anac); dall’altro lo sblocco dei 265 milioni di euro della legge speciale fermi per la mancata convocazione del Comitatone. Lo staff di Toninelli per la prima volta aveva messo nero su bianco il possibile futuro delle dighe, che sarebbero state gestite da una società pubblica composta da quattro ministeri (Infrastrutture, Politiche agricole, Beni Culturali ed Economia), dall’Autorità di sistema portuale, dalla Regione Veneto, dalla Città metropolitana e dal Comune di Venezia. Il nodo dello scontro è stato però quello dei soldi: la relazione illustrativa dell’emendamento infatti stimava in 100 milioni all’anno i costi per la gestione e manutenzione del Mose e ipotizzata una divisione delle spese secondo cui i tre enti locali avrebbero dovuto mettere 10 milioni a testa. «I cittadini veneziani pagheranno il Mose quattro volte», era sbottato Brugnaro e anche Zaia aveva espresso la sua contrarietà.
Il giorno dopo, il 9 maggio, anche grazie a un pressing serrato dei parlamentari pentastellati veneti, che dopo poche ore erano andati a dire al ministro il loro «no» a questa ipotesi, si era tornati a un testo vago, in cui si diceva che ci sarebbe stato un decreto del Mit (di concerto con l’Economia e il Cipe) per «definire le modalità e le risorse economiche occorrenti per l’esecuzione e l’affidamento a regime delle attività gestorie e manutentive del sistema Mose». A quel punto però Zaia e Brugnaro avevano inviato delle osservazioni a quattro mani, in cui veniva confermata la composizione del nuovo ente con i soggetti di cui sopra, ma si specificava chiaramente e più volte che la dotazione finanziaria sarebbe stata «integralmente a carico del bilancio dello Stato», così come il ripiano di eventuali passività.
Dal Mit però queste osservazioni non sono state accolte. «L’attuale formulazione dell’articolo - scrive il ministero - non contempla la costituzione di alcuna struttura deputata all’esecuzione e all’affidamento delle attività gestorie e manutentive del Mose». E’ tutto rimandato al decreto interministeriale e su questo – continua la lettera dei giorni scorsi – «si prende atto che l’amministrazione regionale non ha espresso alcun rilievo critico». «Sicché - è la conclusione - in carenza di osservazioni al riguardo si procederà senz’altro alla presentazione della proposta emendativa nell’attuale formulazione». Insomma, tutto rinviato.
Tra l’altro ieri gli studiosi del Cirga, guidato dal professor Gianfranco Perulli, ha lanciato l’idea che la Città metropolitana diventi una «cabina di regia» strategica, sia per il Mose che per le grandi navi, lo stadio e i fondi europei.
Da Roma La lettera: nessuna critica al testo attuale, dunque via libera