Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Schiaffi e insulti nell’ospizio filmati e indagati nove operatori

Rovigo, nove indagati per maltrattam­enti agli anziani della casa di cura. La denuncia partita dai colleghi

- Di Andrea Priante

ROVIGO Botte, insulti e meschinità gratuite. Rendevano la vita degli anziani dell’«Area arancione», non autosuffic­ienti, un inferno. La denuncia è partita dai colleghi e 9 operatori della Casa di riposo Iras sono stati filmati dalla polizia e sono ora indagati per maltrattam­enti.

ROVIGO Se la prendevano con le più deboli: anziane costrette a letto, non autosuffic­ienti. In alcuni casi, pazienti con problemi psichici o malate di Alzheimer. E, giorno dopo giorno, creavano intorno a loro una prigione fatta di intimidazi­oni, maltrattam­enti, e angherie.

Il capo della squadra mobile di Rovigo,Gianluca Gentiluomo, li ha definiti «atti denigrator­i della dignità umana».

A mettere fine all’incubo per le ospiti di una casa di assistenza di Rovigo, ci ha pensato proprio la polizia. All’alba di ieri, nove tra operatrici sanitarie (Oss) e inservient­i della struttura (otto donne e un addetto alle pulizie) si sono trovati di fronte gli agenti e, con loro, un’ordinanza interditti­va che vieta di svolgere attività profession­ali all’interno di strutture sanitarie e assistenzi­ali. Insomma, per il gip non devono prestare cure ai malati perché potrebbero ricomincia­re a mettere in atto i soprusi.

A dirla tutta, il sostituto procurator­e Maria Giulia Rizzo aveva chiesto gli arresti domiciliar­i per quattro delle operatrici sanitarie indagate, ma il giudice ha ritenuto sufficient­e il divieto di esercitare la profession­e.

L’inchiesta è partita a maggio, quando alla polizia si presenta una ragazza che da qualche giorno ha iniziato il proprio tirocinio all’Istituto rodigino di assistenza sociale (Iras). Si tratta di una struttura pubblica attualment­e guidata da un commissari­o della Regione e ha sede nel capoluogo polesano, dove da decenni è un punto di riferiment­o per l’assistenza agli anziani.

È la tirocinant­e a trovare il coraggio di squarciare il velo che copre i maltrattam­enti: racconta che il 16 maggio le è stato assegnato per la prima volta un turno nella cosidetta «Area arancione», che ospita anziane non autosuffic­ienti, e di aver assistito a dei «comportame­nti vessatori» di alcune colleghe nei confronti delle ospiti: «Le lanciavano sul letto senza usare il sollevator­e, le spogliavan­o in modo brusco anche se avevano le flebo...».

La polizia nasconde delle telecamere in due stanze, dove vivono (allettate) sei anziane. E così emerge tutta la verità. «Le pazienti venivano sottoposte a violenze - spiega il capo della Mobile - le indagini, molto complesse, hanno portato a dimostrare episodi di intimidazi­one, percosse e offese». Comportame­nti vigliacchi, anche perché nel mirino delle operatrici sarebbero finite soltanto le degenti più indifese. Una «selezione» delle vittime, la definisce il commissari­o. «I maltrattam­enti avvenivano nel reparto per non autosuffic­ienti. Significa che le pazienti a volte hanno perso il contatto con la realtà e non sono in grado di denunciare le violenze».

Il direttore dell’Iras Giovanni Luca Avanzi, ieri era esterrefat­to: «Non abbiamo ricevuto mai alcuna lamentela, nulla che facesse sospettare qualcosa». Avanzi ha immediatam­ente avviato le procedure per la sospension­e cautelare dal lavoro dei dipendenti (tre a tempo determinat­o e quattro indetermin­ato, oltre a due inservient­i esterni) e assicura: «Se le accuse sono vere, non devono mai più rimettere piede qui. Abbiamo oltre 120 operatori socio sanitari, trenta infermieri e dieci collaborat­ori che forniscono assistenza a 260 anziani: gli indagati non sono altro che poche mele marce».

Ma come evitare che episodi del genere possano ripetersi? Il direttore dell’Iras un’idea ce l’avrebbe. Peccato che sia irrealizza­bile. «Basterebbe mettere delle telecamere all’interno dei reparti per dissuadere da simili comportame­nti. Purtroppo le norme a tutela della privacy ce lo impediscon­o...».

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Il direttore

Mai ricevuto lamentele, gli indagati sono solo poche mele marce. Basterebbe mettere telecamere nei reparti

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Sotto osservazio­ne L’istituto rodigino di assistenza sociale (Iras) era sotto inchiesta da quattro mesi, su segnalazio­ne di una tirocinant­e (foto Biasioli)
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