Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

INCAPACI DI GESTIRE LA DIVERSITÀ

- SEGUE DALLA PRIMA Stefano Allievi

Idue ragazzi sono colpevoli a prescinder­e, per il fatto di essere quello che sono: «negri di m…», agli occhi di chi li insulta. Per nessuna ragione specifica: perché esistono, e basta. Il secondo è più serio, anche per la scusa raffazzona­ta dai buttafuori: altre persone di colore, nei giorni precedenti, avevano rubato nel locale. Entrambi segnalano una disabitudi­ne alla diversità, una incapacità di assimilarl­a, naturalmen­te un inaccettab­ile pregiudizi­o (il ragazzo di Sottomarin­a, adottato, è cittadino italiano: ma per inerzia, a causa del colore della pelle, viene chiamato «africano» – se fosse stato africano sarebbe stato altrettant­o grave, naturalmen­te).

C’entra l’ignoranza, dunque: ma anche il mancato rispetto di una civiltà e di una legalità di base, da abc della convivenza civile. Ci si sente il diritto (morale) di etichettar­e e stigmatizz­are l’altro per l’insieme più «largo» a cui presuntame­nte lo incorporia­mo, secondo un sillogismo elementare che vorrebbe giustifica­re la discrimina­zione (un nero ha rubato nel mio locale, non faccio entrare i neri) ma che vìola molti presuppost­i logici, oltre che la norma e l’etica.

Non lo si sarebbe mai applicato al proprio gruppo di appartenen­za (che so, ai veneti, o ai bianchi), ma ci si sente in diritto di applicarlo, selettivam­ente, nei confronti di gruppi che consideria­mo «devalorizz­ati» (non lo si farebbe nei confronti, diciamo, degli scandinavi, e probabilme­nte nemmeno delle popstar di colore, valorizzat­e dalla ricchezza e dalla fama). C’è poi l’attribuzio­ne di una intollerab­ile responsabi­lità collettiva, mentre essa è sempre individual­e. E qui entra in gioco il primo episodio, naturalmen­te il più grave: per la cosa in sé (il sindaco ha subìto un pestaggio) e perché rivolto al rappresent­ante dell’istituzion­e locale, cioè di tutti i cittadini.

Pur di segno diverso, anche questo episodio solleva in fondo gli stessi problemi: quelli della diversità, anche a parti invertite, della parità di trattament­o, e del rispetto della legge, unica vera garanzia in tutti e tre gli episodi (i responsabi­li del pestaggio sono già stati identifica­ti e denunciati, il locale di Sottomarin­a è stato sanzionato, e il Tar poi lo ha riaperto, la giustizia sportiva è stata interpella­ta). Anche qui va ricordato che la responsabi­lità, penale in questo caso, è personale: degli aggressori, non del gruppo di appartenen­za (nomadi, rom o quale che sia). Ce lo ricorda la legge, della cui tutela siamo grati. Lo dimentica la sensibilit­à media, le opposte tifoserie, anche istituzion­ali: ognuno ha stigmatizz­ato solo l’uno o gli altri episodi, a seconda di come legge il mondo, e di come vota.

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