Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
INCAPACI DI GESTIRE LA DIVERSITÀ
Idue ragazzi sono colpevoli a prescindere, per il fatto di essere quello che sono: «negri di m…», agli occhi di chi li insulta. Per nessuna ragione specifica: perché esistono, e basta. Il secondo è più serio, anche per la scusa raffazzonata dai buttafuori: altre persone di colore, nei giorni precedenti, avevano rubato nel locale. Entrambi segnalano una disabitudine alla diversità, una incapacità di assimilarla, naturalmente un inaccettabile pregiudizio (il ragazzo di Sottomarina, adottato, è cittadino italiano: ma per inerzia, a causa del colore della pelle, viene chiamato «africano» – se fosse stato africano sarebbe stato altrettanto grave, naturalmente).
C’entra l’ignoranza, dunque: ma anche il mancato rispetto di una civiltà e di una legalità di base, da abc della convivenza civile. Ci si sente il diritto (morale) di etichettare e stigmatizzare l’altro per l’insieme più «largo» a cui presuntamente lo incorporiamo, secondo un sillogismo elementare che vorrebbe giustificare la discriminazione (un nero ha rubato nel mio locale, non faccio entrare i neri) ma che vìola molti presupposti logici, oltre che la norma e l’etica.
Non lo si sarebbe mai applicato al proprio gruppo di appartenenza (che so, ai veneti, o ai bianchi), ma ci si sente in diritto di applicarlo, selettivamente, nei confronti di gruppi che consideriamo «devalorizzati» (non lo si farebbe nei confronti, diciamo, degli scandinavi, e probabilmente nemmeno delle popstar di colore, valorizzate dalla ricchezza e dalla fama). C’è poi l’attribuzione di una intollerabile responsabilità collettiva, mentre essa è sempre individuale. E qui entra in gioco il primo episodio, naturalmente il più grave: per la cosa in sé (il sindaco ha subìto un pestaggio) e perché rivolto al rappresentante dell’istituzione locale, cioè di tutti i cittadini.
Pur di segno diverso, anche questo episodio solleva in fondo gli stessi problemi: quelli della diversità, anche a parti invertite, della parità di trattamento, e del rispetto della legge, unica vera garanzia in tutti e tre gli episodi (i responsabili del pestaggio sono già stati identificati e denunciati, il locale di Sottomarina è stato sanzionato, e il Tar poi lo ha riaperto, la giustizia sportiva è stata interpellata). Anche qui va ricordato che la responsabilità, penale in questo caso, è personale: degli aggressori, non del gruppo di appartenenza (nomadi, rom o quale che sia). Ce lo ricorda la legge, della cui tutela siamo grati. Lo dimentica la sensibilità media, le opposte tifoserie, anche istituzionali: ognuno ha stigmatizzato solo l’uno o gli altri episodi, a seconda di come legge il mondo, e di come vota.