Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Con l’autonomia la scuola cambierebbe»
Inizia l’anno con cattedre scoperte e scarso personale, il governatore Zaia riparte con la guerra di trincea su uno dei fronti più caldi: ecco cosa conteneva la bozza veneta in materia di istruzione
Ha buon gioco il governatore a sottolineare i grandi problemi della scuola perché nella bozza veneta dell’autonomia c’è un piano che riorganizzerebbe il pianeta veneto dell’istruzione. In meglio ovviamente secondo Zaia che su questo fronte trova alleati in trincea sindacati e opposizioni.
VENEZIA Ricomincia la scuola e anche quest’anno, come ogni anno, mancano insegnanti, bidelli, impiegati. Tirano un po’ il fiato i presidi, costretti in questi anni ad una vita «a scavalco» e ora rafforzati da 265 nuove immissioni nel ruolo, ma secondo i sindacati restano ancora scoperte seimila cattedre e le carenze d’organico nelle segreterie renderanno complicato perfino il reclutamento dei supplenti.
Il governatore Luca Zaia, nel tradizionale messaggio che accompagna il ritorno sui banchi, prova ad essere positivo («Anche se con i problemi di sempre, lo squillo della campanella sarà un momento solenne che ricorderà a tutti il grande servizio che la scuola rende ai più giovani e alle famiglie, la fatica e la gioia di conoscere e di imparare, e l’importanza di farlo insieme») ma poi, a margine, non può fare a meno d’immaginare ciò che sarebbe potuto essere se il governo avesse concesso al Veneto l’autonomia, anche - e soprattutto - per quel che riguarda questo settore: «Eravamo disposti a farcene carico, e lo siamo tutt’ora, se necessario anche mettendoci risorse in più, della Regione, proprio per evitare guai come quelli che dobbiamo fronteggiare ogni anno: i professori che non ci sono, quelli che se ne vanno, i ragazzi costretti a cambiare insegnanti di continuo.
La scuola per noi è strategica, abbiamo studiato una bella proposta, efficace. Ma invece di restare nel merito il dibattito, fatto per lo più sui titoli, è stato spostato strumentalmente su cose che non c’entrano niente, penso solo all’incredibile polemica sulle “gabbie salariali”, a cui nessuno aveva mai accennato. Noi pensavamo alla contrattazione di secondo livello, per convincere i professori che spesso arrivano da fuori regione a rimanere qui in Veneto».
Cosa prevedeva la proposta veneta? La si ritrova agli articoli 10, 11 e 12 della bozza mai uscita dal consiglio dei ministri: il Veneto, «nel rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni», chiedeva di poter legiferare «sull’organizzazione del sistema educativo regionale, anche specificandone le funzioni in relazione al contesto sociale ed economico della Regione», di poter intervenire sulle «modalità di valutazione, anche mediante l’introduzione di ulteriori indicatori legati al contesto territoriale», di poter programmare «percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento» anche per quel che riguarda la formazione dei docenti ma soprattutto, come diceva Zaia, la facoltà di stabilire il fabbisogno di personale e quindi di «disciplinare, anche mediante contratti regionali integrativi, l’organizzazione e il rapporto di lavoro del personale dirigente, docente, amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche, nel rispetto delle disposizioni statali e dei contratti nazionali di lavoro». Questi i punti principali, cui seguivano altre richieste, molto articolate, dalla formazione professionale alle scuole paritarie dal Fondo pluriennale per il Diritto allo Studio Universitario all’edilizia scolastica, passando per la regionalizzazione dell’Ufficio scolastico. Idee, va detto, che hanno scatenato le ire non soltanto della componente pentastellata del fu governo gialloverde ma pure di tutte le sigle sindacali di settore, che con il loro pressing su Palazzo Chigi hanno contribuito a fare della bozza una lettera morta.
Far comunque da sé, come ha minacciato il governatore della Lombardia Attilio Fontana («La scuola non può non entrare nella riforma, c’è una sentenza della Corte Costituzionale che dichiara che le Regioni possono organizzare una parte di questa materia»)? Per Zaia «tutto si può fare» e «già oggi la Regione prova, con le sue norme, ad allargare i suoi ambiti di competenza» ma «il punto è che poi si finisce davanti alla Consulta, è una battaglia continua... la soluzione è una soltanto: una riforma che ci dia le competenze che chiediamo. Il nuovo ministro Boccia riparta dalla bozza messa a punto dal suo predecessore, il ministro Stefani, e ci presenti una controproposta. Io sono disposto ad applicare da subito Livelli essenziali e fabbisogni standard».
Il dem Francesco Boccia ha già fatto sapere di voler incontrare Zaia, purché «tutti rinuncino ai diktat». Prima, però, incontrerà i parlamentari veneti del Pd, come annuncia il deputato Roger De Menech: «Il ministro si sta muovendo molto bene, con attenzione e rispetto delle parti - dice De Menech -. Siamo convinti che il tema resti importante, purché la questione sia inquadrata come mezzo per dare più efficienza al territorio e non come fine».
Roger De Menech
Il neo ministro Boccia si sta muovendo molto bene, con attenzione e rispetto delle parti. Il tema è importante, ma l’autonomia è il mezzo non il fine