Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Turista padovano morì in montagna, familiari risarciti con un milione di euro
Cadde in un pozzo della Grande Guerra, i giudici: pericolo non segnalato
TRENTO Oltre un milione di euro: a tanto ammonta il risarcimento che il Parco naturale Paneveggio Pale di San Martino è stato condannato a pagare dalla Corte d’appello di Trento alla famiglia di un turista padovano morto cadendo in un pozzo di una trincea della Grande guerra. Una sentenza che per il presidente del Parco, Silvio Grisotto, «può costituire un precedente devastante per tutti gli enti e gli attori del territorio che si occupano di gestione delle infrastrutture di fruizione turistica, prima fra tutte la Sat».
I fatti risalgono al 6 marzo 2006, quando Paolo Di Lena, 66 anni, residente a Padova ma in vacanza a Cavalese, era partito per un’escursione in montagna lasciando il cellulare a casa. Lungo il sentiero che da malga Vallazza conduce al lago Juribrutto, l’uomo precipitò in una ghiaccia per la conservazione dei viveri risalente alla prima guerra mondiale che non aveva visto perché era coperta dalla neve. Il pozzo era profondo sei metri e largo un metro e mezzo. Non vedendolo rientrare i familiari avevano dato l’allarme: per giorni i soccorritori lo cercarono setacciando la zona. Solo il 26 marzo alcuni escursionisti trovarono il corpo.
La moglie Daniela e i figli Alvise e Sebastiano avevano chiamato a giudizio sia il Cai (che però non c’entrava) sia il Parco, denunciando l’assenza di segnaletica ad avvisare del pericolo. Nella vicenda giudiziaria il Parco aveva dimostrato che la trincea era distante «55/56 metri» dal sentiero e
in posizione elevata «di circa 16 metri»: per raggiungerla, insomma, bisognava lasciare il sentiero. La tesi difensiva poggiava sull’asserzione che, in qualità di ente gestore, il Parco non poteva controllare e rimuovere tutti i pericoli nell’area di competenza, «in quanto insiti nel rischio accettato di chi va in montagna». Tesi accolta nelle sentenze sia di primo che di secondo grado. La Cassazione, però, aveva annullato tutto sostenendo che la trincea, in quanto attrazione storica, poteva rappresentare una meta per gli escursionisti. Da qui la sentenza della Corte d’appello di Trento depositata il 16 settembre.
Secondo i giudici «la morte è conseguenza diretta e immediata dell’omissione di doverose cautele (da parte del Parco, ndr) e non è in alcun modo collegato a comportamenti definibili come imprudenti della vittima: in nessun caso, infatti, la buca in cui è caduto il Di Lena può essere paragonata, come pretende l’appellato (il Parco, ndr) ai “pericoli della montagna”». La ghiaccia, insomma, «risalente alla grande guerra in una zona in cui si trovano resti bellici, attrazione per i visitatori, integrava una vera e propria insidia non assimilabile ai pericoli, di altro genere, che il Di Lena era avvezzo ad affrontare». Da qui la richiesta di risarcimento di un milione di euro.
«Una grossa sorpresa per noi - commenta Grisotto - anche perché di solito viene chiamato in causa il proprietario del terreno (il demanio provinciale, ndr) non il gestore. Dal punto di vista patrimoniale non siamo preoccupati perché siamo assicurati, lo siamo per il futuro: se la sentenza sarà confermata, troveremo mai una compagnia assicurativa disposta a tutelare noi e gli altri enti che gestiscono le infrastrutture turistiche? Visto che il fatto è accaduto ben oltre il sentiero, è impensabile che il Parco possa segnalare tutti i buchi della guerra sul Lagorai...».