Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Non c’è incompatibilità tra Csm e Parlamento» Alla Casellati vitalizio da duecentomila euro
PADOVA (a.s.) È destinato ad aprire un dibattito giuridico il riconoscimento di un vitalizio di 200 mila euro alla Presidente del Senato, la padovana Maria Elisabetta Casellati, per il periodo in cui ha abbandonato l’aula di Palazzo Madama per assumere il ruolo di componente del Consiglio superiore della Magistratura. Stiamo parlando degli anni che vanno dal 2014 al 2018, quando Casellati presentò le dimissioni anticipate dal Csm per potersi ricandidare, sempre in quota a Forza Italia, alle Politiche 2018. In pratica tre anni e qualche mese, per i quali l’attuale presidente del Senato presentò la prima istanza per vedersi accreditato il vitalizio a ottobre del 2014. Il motivo lo spiega l’avvocato Maurizio Paniz, profondo conoscitore della materia. «Casellati al tempo aveva più di 60 anni e quindi chiedeva se avesse o meno diritto al vitalizio, nonostante non fosse in Parlamento per la sopraggiunta carica al Csm». In effetti la carriera politica dell’avvocato padovano, sempre legata al partito di Berlusconi, parte dal 1994 e prosegue - con un’interruzione dal 1996 al 2001 - fino ai giorni nostri. Quindi, da molto prima del 2012, quando sono cambiate le norme sui vitalizi.
In prima istanza la Commissione contenziosa del Senato, organo di primo grado di giustizia interna (autodichia) del Senato le riconosce il trattamento pensionistico ma dice no all’erogazione dell’assegno. Ma contro la decisione del presidente della Commissione, Pietro Grasso, Casellati decide di ricorrere in appello al Consiglio di Garanzia, il secondo grado di giudizio del Senato. Questo, con decisione del maggio 2018, dà ragione su tutti i fronti a Casellati (che a marzo dello stesso anno era nel frattempo diventata Presidente del Senato) e concede il via libera all’erogazione dell’assegno, denunciando l’illegittimità dell’art. 6 del Regolamento sulle pensioni dei senatori. Del Consiglio di garanzia che ha preso la decisione faceva parte anche Rosanna Filippin, ex senatrice Pd, chiamata a decidere anche se non rieletta perché il Cosiglio non era stato ancora rinnovato. «Premettendo che per noi - dice - era irrilevante che al momento della nostra decisione Casellati fosse la Presidente a Palazzo Madama, ricordo che tutti i cinque membri del Consiglio di garanzia hanno firmato la sentenza, sostenendo che la ricorrente avesse diritto al trattamento pensionistico anche durante il periodo in cui era stata nominata al Consiglio superiore della Magistratura».
Una decisione che l’avvocato Paniz considera «legittima», perché «non c’era incompatibilità nel ruolo che ricopriva al Csm».