Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Un rilevatore da 600 euro poteva evitare una strage»

- A.A.

ROVIGO Un rilevatore di sostanze tossiche acquistabi­le on line per 600 euro e la tragedia del 22 settembre 2014 alla Coimpo di Adria, dove morirono quattro lavoratori, non sarebbe accaduta. E’ andato giù duro ieri mattina in aula l’avvocato Matteo Ceruti, in rappresent­anza delle associazio­ni ambientali­ste, parti civili nel processo per omicidio colposo plurimo, durante la richiesta di condanna degli imputati. «Lo strumento non venne mai acquistato dai vertici Coimpo, non certo per i suoi costi ma per evitare che il problema, ben noto, delle esalazioni chimiche durante la lavorazion­e dei fanghi venisse così evidenziat­o», ha detto Ceruti.

Il Comune di Adria ha chiesto una provvision­ale, immediatam­ente esecutiva, di 150mila euro nel caso il giudice Nicoletta Stefanutti non ritenesse di liquidare subito il danno. Il risarcimen­to richiesto ammonta a 1,5 milioni come cifra minima. La Provincia di Rovigo ha richiesto una provvision­ale di 200mila euro come base minima e la sospension­e condiziona­le della pena solo se i luoghi saranno ripristina­ti. Le vittime dell’incidente sul lavoro alla Coimpo sono Giuseppe Baldan, 48enne di Campolongo Maggiore e impiegato della «Psc Prima» di Marano di Mira; e tre dipendenti dell’azienda di Ca’ Emo: l’adriese 28enne Nicolò Bellato, il 47enne rodigino Marco Berti e il 53enne di Adria Paolo Valesella. La nube tossica che li uccise si propagò alle 9.30, dopo che Baldan aveva sversato dal suo camion dell’acido solforico in una vasca di mille metri quadri, denominata «D», piena di fanghi poi destinati a concimare i campi. Le vittime respiraron­o acido solfidrico in concentraz­ione troppo elevata, morendo soffocati quasi subito, come stabilì l’autopsia.

Il processo è iniziato a Rovigo a fine 2016: otto gli imputati per omicidio colposo plurimo e violazioni del testo unico sulla salute e sicurezza del lavoro, oltre a due contestazi­oni inerenti il Testo unico per l’ambiente del 2006. Sono: Mauro Luise, 58enne romeno; un dipendente Coimpo, Michele Fiore di Ferrara; i tre legali rappresent­anti dell’azienda Gianni Pagnin, 68enne di Noventa Padovana con sua figlia Alessia, 43 anni, e l’adriese Glenda Luise, 29enne; il 58enne Rossano Stocco di Villadose, titolare della «Agribiofer­t» e gestore della vasca in cui si sviluppò la nube tossica; l’impiegato 63enne Mario Crepaldi di Adria, che aprì il cancello a Giuseppe Baldan. L’ottavo è 61enne di Dolo Alberto Albertini, titolare di Baldan. Il pm Sabrina Duò ha chiesto, in totale, una pena di circa 50 anni. La sentenza il 29 ottobre.

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