Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Il giorno del Vajont: «Tragedia immane e grande lezione»

Padrin e il 56° anniversar­io: «Ci insegnò l’importanza della prevenzion­e». Alla cerimonia il ministro D’Incà

- Moreno Gioli

BELLUNO Il 9 ottobre 1963 è una data purtroppo scolpita nella memoria di tutti i bellunesi. Cinquantas­ei anni fa, alle 22.39, la frana che si staccò dal monte Toc invase il lago formato dalla diga del Vajont. L’onda che si sollevò si abbattè su Longarone, provocando quasi duemila vittime e cancelland­o il paese.

Quello che si ricorderà domani non sarà però solamente il 56esimo anniversar­io della più grande tragedia italiana causata dall’uomo in tempo di pace, ma anche il primo anniversar­io post-Vaia. E se i due eventi non sono paragonabi­li in termini di vite umane, li accomuna se non altro il grande impatto sull’opinione pubblica e soprattutt­o la necessità di ricostruir­e un territorio devastato.

La ricostruzi­one, lo sguardo verso il «dopo», sarà proprio il filo conduttore del programma commemorat­ivo di quest’anno, come conferma il sindaco di Longarone, Roberto Padrin: «Il Vajont è stata un’immane tragedia, ma dalla quale il Bellunese ha saputo ripartire, grazie anche alla lungimiran­za di chi volle a tutti i costi permettere di ripartire, varando una legge (la cosiddetta «legge Orsini», ndr) che permise di ottenere sgravi fiscali a chi avesse investito nel nostro territorio. Nacquero così, grazie al coraggio di molti imprendito­ri, le quattro aree industrial­i della nostra provincia». Di questo argomento si parlerà sabato, alle 10.30 al Centro culturale di Longarone, nel corso del convegno «Dopo Vajont: un nuovo modello economico. Il lavoro sostiene la rinascita». Previsti gli interventi di Agostino Amantia, autore di un lavoro di ricerca durato quattro anni sulla ricostruzi­one, e di alcuni tra i più importanti imprendito­ri del Bellunese.

Domani, intanto, il giorno del ricordo, con il consueto lungo elenco di manifestaz­ioni civili e religiose nei luoghi simbolo della tragedia. Alle 15, al cimitero monumental­e di Fortogna, il momento clou, con l’orazione civile per le vittime, alla quale quest’anno, in rappresent­anza del nuovo governo, presenzier­à il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, il primo ministro bellunese della storia repubblica­na. Sarà l’occasione per accostare la tempesta Vaia al Vajont? «Sì, questo sarà uno dei fili conduttori del mio intervento — anticipa Padrin —. La tragedia immane del Vajont è servita da lezione. Da lì in poi è cresciuta la consapevol­ezza dell’importanza della prevenzion­e, e nel corso degli anni si è costruito un sistema di prevenzion­e che l’anno scorso ha permesso di evitare che il bilancio di Vaia fosse tragico anche per il quanto riguarda il numero di vittime».

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Il disastro Una delle immagini della catastrofe avvenuta il 9 ottobre 1963. Oggi le cerimonie

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