Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Le grandi navi a Marghera bloccheranno lo sviluppo»
Attivo Cgil. Fiom: si fanno gli interessi delle compagnie. Agiollo: subito le bonifiche
MESTRE Grandi navi che si mangiano le possibilità di rilancio di Porto Marghera. Per Davide Camuccio, segretario generale della Filctem Cgil Venezia, il rischio è concreto. «La nuova Marittima a Porto Marghera nascerebbe dietro la raffineria, la Saipem, la Pilkington – ha spiegato ieri Camuccio – e non è compatibile con le produzioni industriali». La posizione, netta, è condivisa dai tanti lavoratori che hanno partecipato all’iniziativa «L’industria a Porto Marghera tra presente e futuro», organizzata dalle segreterie territoriali di Filctem, Fiom e Flai, cioè i chimici, i metalmeccanici e gli agroindustriali della Cgil. «Insediare lì la Marittima – ha aggiunto il sindacalista – significa accogliere migliaia di turisti. Sarà necessario creare sistemi di logistica per trasportarli a Venezia, incompatibili con le produzioni industriali».
Il riferimento è a quell’ipotesi di terminal sulla sponda nord del Canale industriale nord, già votata dal Comitatone del 2017 guidato da Graziano Delrio (e sostenuta anche dal Porto e dal sindaco Luigi Brugnaro) e ora tornata alla ribalta con l’uscita di Danilo Toninelli (che l’aveva più volte bocciata pubblicamente) e il ritorno dei dem al ministero delle Infrastrutture con Paola De Micheli. La preoccupazione è che lo sviluppo turistico danneggi il comparto industriale, perché chi vuole investire si troverebbe le aree già occupate. Ma anche la soluzione temporanea a cui stava lavorando Toninelli, con l’attracco a Fusina, viene bocciata: «E’ a poche decine di metri dalle fiaccole del cracking che quando intervengono hanno un impatto visivo e sonoro enorme», ha concluso il segretario Filctem. Sulla stessa linea il segretario provinciale della Cgil Ugo Agiollo e i segretari generali Antonio Silvestri (Fiom del Veneto) e Paolo Baccaglini (Flai di Venezia). «La soluzione della Marittima rischia di essere il colpo definitivo a ogni tentativo di rilancio dell’area – ha ribadito Silvestri – il progetto non risponde agli interessi dei lavoratori, ma a quelli delle grandi società crocieristiche. C’è poi anche una questione di sicurezza: le navi passerebbero vicino a serbatoi di raffineria e io ho negli occhi i recenti incidenti sventati per un soffio».
Tutti sottolineano che le crociere metterebbero in ginocchio un’area che ha bisogno di investimenti. Perché se è vero che gli occupati nell’industria sono lontani dai 35 mila attivi nel 1965, è anche vero che oggi sono circa 11 mila, come ha ricordato Silvestri. E potrebbero essere molti di più se, come è stato ripetuto ieri, si facesse un importante piano di investimenti volto anche a una riconversione della produzione compatibile con la tutela dell’ambiente. Nell’area sono presenti Eni,
Area di crisi Il sindacato: effetti occupazionali deludenti
Finmeccanica e Fincantieri che nel cda hanno una componente governativa e dopo che l’esecutivo a Roma ha annunciato un piano di investimenti green, tra i sindacalisti ci si aspetta che si passi dalle parole ai fatti.
Una posizione sostenuta con forza dal segretario nazionale Fiom Luca Trevisan e ripresa da Agiollo, che ha ribadito come il rilancio di Porto Marghera «debba partire dalle bonifiche e dal completamento dei marginamenti per rendere nuovamente appetibile un territorio che necessita di un piano di reindustrializzazione concreto». «Con l’area di crisi complessa sono stati messi in campo progetti che non stanno producendo gli effetti occupazionali sperati», ha criticato il segretario provinciale. Infine è stato evidenziato un ultimo aspetto relativo alla competitività. «Fincantieri dovrebbe promuoverla innovando invece che intervenendo sui costi – ha concluso Silvestri – su 5000 addetti che gravitano su quel perimetro 4 mila sono delle ditte di appalto e operano spesso in un regime che va oltre il limite della legalità con paghe basse, lavoro nero e risparmi sulla sicurezza».