Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

La Jota, quella zuppa con crauti, fagioli e carne di maiale

- Antonino Padovese

CSe pensi a un piatto tipicament­e triestino, ti viene subito in mente la «jota». La zuppa che oggi viene proposta come primo piatto in moltissimi ristoranti in città e, con diverse varianti, viene cucinata nelle case, non nasce lungo il litorale ma nell’entroterra friulano. Si trattava di un classico piatto di recupero, dove si ucina di mare, ovviamente. Ma anche di terra. Trieste rappresent­a una perla gastronomi­ca per gli amanti della buona cucina. I pescatori hanno sempre fatto affluire un gran quantitati­vo di prodotti del mare, che i triestini hanno cucinato seguendo una linea e ricette che ritroviamo nella costa istriana e lungo la Dalmazia.

Ma non va dimenticat­a la tradizione dei piatti di terra. Trieste è stata una delle città europee più aperte e internazio­nali. Porto franco sotto l’Austria, ha accolto popolazion­i di ogni razza e religione, che hanno portato piatti e tradizioni di terre anche lontanissi­me. Non è raro trovare qui il Goulasch ungherese o i Cevapcici provenient­i da Serbia e Bosnia, che qui si presentano come polpette e vengono

La vista

allungava con il brodo tutto ciò che era avanzato dai pasti precedenti. Dal Friuli al litorale giuliano, la Jota è mutata nel corso del tempo e si è lasciata influenzar­e, come tutta la cucina triestina, dalle influenze austriache da una parte, balcaniche dall’altra. Oggi la Jota (o «Jote») si prepara con i crauti, che a Trieste La terrazza della trattoria Al Faro di Trieste cotte alla griglia.

Qui la tradizione locale conosceva non tanto la pasta semplice ma quella ripiena o gli gnocchi. I più famosi sono quelli «de pan», che si fanno con il pane raffermo, latte, aglio, prezzemolo e il famoso vengono chiamati «capuzi», le patate, i fagioli e soprattutt­o carne di maiale. Di solito si tratta di cotenna, altre volte di costine. A Trieste non è mai stato un piatto di recupero ma una ricetta sostanzios­a. Nel Friuli, in particolar­e in Carnia, la zuppa più simile è la brovada, con rape e cotechino (a. pad.) Uno dei piatti proposti dal ristorante «Ai fiori» prosciutto cotto triestino, che alcuni sostituisc­ono con lo speck o con il crudo. Il pesce è rappresent­ato dal baccalà, che qui preparano con il pomodoro, le acciughe e il prezzemolo, e soprattutt­o dai «sardoni in savòr», alici marinate

nell’aceto, un piatto arrivato dalla tradizione della Laguna di Venezia. Per i dolci, invece, Trieste ha raccolto il meglio della produzione mitteleuro­pea, dallo «strucolo» che ricorda lo strudel austriaco, la «putizza» di origine slovena citata da Papa Francesco in un colloquio fra Donald Trump e la moglie Melania, slovena di nascita. O ancora il «presnitz» ungherese.

Chi si trova a Trieste per la Barcolana troverà nel villaggio in centro un «ristorante» ● Matteo Metullio, 30 anni, nel 2019 ha lasciato le due stelle Michelin della Siriola in Val Badia

● Ora si dedica solo alle cucine dell’Harry’s Piccolo in piazza Unità a Trieste, una stella Michelin a cielo aperto. Per chi vuole assaporare la cucina locale, ecco qualche suggerimen­to da tenere a mente. Cominciamo con i ristoranti gourmet del Grand hotel Duchi d’Aosta in piazza Unità d’Italia. Dopo aver portato La Siriola in Val Badia alla seconda stella, Matteo Metullio è tornato nella sua città per guidare le cucine di Harry’s bistrò ed Harry Piccolo. Poco lontano, troviamo il ristorante «Ai fiori» in piazza Hortis, ultimo ingresso del sodalizio «Friuli Venezia Giulia Via dei Sapori», dove lo chef Nenad Jovic prepara un menù creativo di pesce abbinato con i vini del Carso. Sempre in centro, prenotate al «Città di Cherso» in via Cadorna, altro raffinato locale di pesce.

Vicino alla spiaggia di Barcola, sede della Società velica, troviamo «Il Grifone», dove meritano una menzione il granciporr­o e il branzino al sale. Vicino al faro della Vittoria troviamo la trattoria Al Faro, con una bellissima terrazza panoramica e i piatti di pesce cucinati dallo chef Dario Rakic.

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In menù Da sapere
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