Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Trenta veneti nella rivolta in Ecuador
Il fratello di un padovano: «Chiusi per due giorni in hotel a Quito». Altri 10 isolati nella Sierra
"Il turista Dalle nostre stanze sentiamo la confusione dei cortei
PADOVA Brutta avventura per trenta veneti, rimasti chiusi due giorni in hotel a Quito, accerchiati dalla sollevazione di piazza scoppiata il 3 ottobre contro la decisione del presidente Lenín Moreno di revocare i decennali sussidi per il carburante. Proprio ieri il clou della contestazione, dopo giorni di scontri con l’esercito, 500 arresti, feriti e due morti, che hanno messo a ferro e fuoco la capitale dell’Ecuador, provocato la proclamazione del coprifuoco dalle 20 alle 5 e concentrato l’arrivo in centro di tutti i movimenti sociali.
«Mio fratello fa parte del gruppo dei veneti in vacanza lì con un viaggio organizzato dalla ditta per cui lavorano — spiega Marco Laz, padovano —. Sono partiti dieci giorni fa e stasera (ieri sera, ndr) dovrebbero rientrare in Italia, ma non c’è nulla di certo. Mio fratello mi ha scritto alcuni messaggi in cui racconta di aver sentito molta confusione dalla sua stanza di albergo: il corteo dei manifestanti è passato lì vicino. Siamo tutti preoccupati».
Gran parte della comitiva partita da Tessera la scorsa settimana, cioè 23 persone, aveva in programma di proseguire per le isole Galapagos, mentre i rimanenti sette partecipanti al viaggio dovevano appunto riprendere l’aereo da Quito ieri sera, fare scalo ad Amsterdam e poi atterrare al Marco Polo. «Il passaggio più difficile è raggiungere l’aeroporto — spiegano dall’ambasciata italiana in Ecuador — dista 40 chilometri dal centro, ci vuole un’ora in auto, ma molte strade sono bloccate dai manifestanti. E alcuni pullman di turisti sono stati presi a sassate. In più il trasporto pubblico è sospeso. I voli non sono stati cancellati, ma non è garantito l’arrivo allo scalo. Un’altra decina di italiani è rimasta bloccata nelle province della Sierra, in particolare Carchi, Imbabura, Pichincha, Cotopaxi, Bolivar, Chimborazo, Tungurahua, Cañar, Azuay, dove sono in corso manifestazioni indette delle popolazioni indigene. I turisti italiani ci hanno chiesto di aiutarli a raggiungere Quito, ma non è semplice. Comunque nessuno di loro è in pericolo, al momento».
E infatti i veneti, pur avendo il volo alle 21 di ieri sera (ora italiana), hanno lasciato l’albergo in mattinata, accompagnati da una guida del posto. Alle 13, sempre ora italiana, erano in aeroporto. «La partenza è stata spostata alle 23, con uno scalo interno e poi ad Amsterdam, prima dell’arrivo a Venezia», è riuscito a sapere Laz dal fratello, attraverso Whatsapp. Mentre andiamo in stampa, dunque, i turisti veneti dovrebbero essere riusciti a decollare da Quito.