Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Piano per il ricorso al Tar se il Sì vince in una città «Il quorum non vale»
Referendum, Pellicani: «Espediente da scatolettari»
MESTRE Ricorso preventivo sul quorum una settimana prima del voto del 1° dicembre per non bloccare il referendum sulla separazione tanto sospirato. E poi, a seconda dell’esito delvoto, ritirarlo o portarlo avanti. La Regione ha deciso che la consultazione sarà valida solo se la maggioranza degli elettori va a votare, come è stato per le quattro precedenti consultazioni. Ma in questa tornata i separatisti hanno deciso che non ha senso il quorum in un referendum consultivo e sono decisi a dare battaglia. L’altra sera a Mestre il presidente del comitato Due Grandi Città Marco Sitran ha illustrato il piano agli altri colleghi dei comitati autonomisti. «Il ricorso lo presentiamo entro sessanta giorni dal decreto di indizione, quindi l’ultima settimana di novembre – ha proposto - Per non bloccare il referendum ma per ricordare al Consiglio referendum quali sono le leggi». L’istituzione di nuovi Comuni è materia di esclusiva competenza della Regione che, per dare attuazione all’articolo 133 della Costituzione, ha approvato la legge 1 del 173, la 25 del 1992 e lo statuto che dicono che nei referendum per la fusione di Comuni il quorum non c’è; è previsto invece per la divisione dei Comuni e per le consultazioni per l’abrogazione di leggi regionali. «Non esiste per quelli consultivi – scandisce Sitran – Il ricorso lo presentiamo e se c’è il quorum e vince il Sì, se c’è quorum e vince il No, lo ritiriamo». Se invece c’è il quorum e il Sì vince solo a Venezia con la maggioranza di No a Mestre; se non si raggiunge la maggioranza degli elettori e Venezia e Mestre si schierano per il Sì o se prevale anche solo a Venezia o a Mestre «il ricorso andrà avanti». «Ne discuteremo in una riunione apposita nel giro di una settimana – spiega Renzo Scarpa dall’intergruppo divisionista - Dobbiamo ancora trovare una piena condivisione». La prospettiva di un ricorso che possa ribaltare le carte a urne chiuse e giochi fatti non piace a tutti i separatisti, figurarsi agli unionisti. «Logico che se il quorum non si raggiunge, il referendum non produce effetti – riflette il deputato Pd Nicola Pellicani – Quello del ricorso da far scattare a seconda del risultato sembra un espediente da scatolettari : non è che se votano solo in venti e tutti per il Sì, si possa dividere la città. I problemi ci sono ma illudersi che la divisione li risolva è un modo per perdere tempo e non cercare soluzioni».
Tra i problemi c’è lo spopolamento. E ormai riguarda più Mestre che Venezia, ha spiegato Renzo Scarpa al convegno dell’altra sera al Candiani. Lo scorso anno sono andate via dalla terraferma 4.566 persone su 179.794, pari al 2,5%; a Venezia il saldo negativo è stato di 958 su 52.996 (1,8%) e tra estuario e isole l’1,2% (337 su 27.730). Solo il saldo positivo degli stranieri (più 14,4% grazie a 1.500 nuovi arrivati che hanno portato il totale a 37.554) ha evitato il peggio. «Nessuno finora si è posto il problema di chiedere ai residenti perché vanno via – dice – Facciamo qualcosa». Non che le case per i giovani a Mestre diventeranno meno care o che il centro si popolerà di unifamiliari con giardino per effetto della divisione. Ma indagare i motivi dell’esodo potrebbe aiutare la programmazione politica e lasciare i cittadini meno soli.