Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
MERCATO BIANCO AL BIVIO
Dopo tre anni di declino, il settore neve sembra confermare un trend positivo, anche se il numero degli appassionati di questo sport ormai maturo resta stagnante. Sulle Alpi si trova oggi più di un terzo delle oltre duemila stazioni sciistiche e l’80% dei comprensori più vasti, ma i luoghi dove i 130 milioni di sciatori attivi nel mondo continuano a crescere sono l’Europa orientale e l’Asia. Fra l’altro, sempre seguendo l’autorevole Report annuale di Laurent Vanat, le Alpi esprimono solo il 15% degli sciatori esistenti, anche se costituiscono il principale e il più ambito terreno mondiale di pratica. Insomma il mercato bianco è in preda ad alcune importanti trasformazioni e perderle di vista significherebbe per le località mancare importanti appuntamenti economici. Ormai da anni abbiamo fatto l’abitudine ai turisti dell’Est Europa, che hanno dato un po’ di ossigeno alle nostre stazioni. Ma molti ignorano che, a fronte dei quattro milioni di sciatori italiani, in Cina ce ne sono più di dieci milioni, che assicurano al Paese il terzo posto al mondo. Non stupisce allora scoprire che la Cina, dove si disputeranno le Olimpiadi invernali del 2022, vanti il numero più alto di strutture per la pratica indoor dello sci – ben 26 – compreso il centro di Harbin, che, con la sua area coperta di 80 mila metri quadrati, è la più grande del mondo. Viene allora da chiedersi: cosa stanno facendo le nostre stazioni per accogliere questa massa di sciatori destinata a riversarsi sulle Alpi?
Alcune iniziative sono già in corso, ma forse bisognerebbe fare di più, anche perché lì ci sono i numeri che il mercato sogna. Lo sci oggi ha due nemici: il global warming e l’invecchiamento della popolazione. Nel primo caso si può constatare con soddisfazione che gli sciatori si stanno abituando alla neve programmata. L’anno scorso le precipitazioni sono arrivate tardi, Natale e Capodanno non sono stati imbiancati e Pasqua cadeva ormai fuori dalla stagione. Eppure la flessione registrata si è mantenuta complessivamente al di sotto dell’1%, segno che la gente ha accettato di sciare sulla neve sparata. Quanto all’invecchiamento, le stazioni si stanno attrezzando con attività alternative, riconvertendo la vacanza sugli sci in vacanza sulla neve, ma è indubbio che la criticità resti. In Italia in particolare la cultura dello sci continua a essere scarsa, rispetto ad esempio ad Austria e a Francia, e questo non aiuta le giovani generazioni ad avvicinarsi agli sport invernali. Infine la tecnologia, che propone attrezzature da guerre stellari. Inevitabilmente risultano assai costose e dunque di nicchia. Il mercato ha reagito moltiplicando il noleggio, che permette di abbattere il caro–sci e nel contempo di avere sempre a disposizione materiali aggiornati. Ma il noleggio significa anche pratica saltuaria, altrimenti risulterebbe comunque conveniente l’acquisto, con conseguenti difficoltà per l’intero comparto, in primis gli impiantisti, penalizzati dai pesanti investimenti indispensabili per l’aggiornamento delle funivie. Quanto all’Italia, che pure dispone dell’intera catena alpina, resta il problema della scarsa competitività. Che tra le stazioni più frequentate la prima località italiana, Madonna di Campiglio, si piazzi al settimo posto, la dice lunga sull’aggressività della concorrenza straniera