Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«A nessuno paghe da fame da noi anche duemila euro Gli operai lavorano otto ore»

- Matteo Riberto

MESTRE «Non abbiamo mai pagato nessuno 4 euro l’ora e con Fincantier­i ci siamo sempre trovati bene». E’ l’ultima frase detta da Sema Hasaj e Gezim Hasaj. Poi lei chiude il portone di casa e corre su per le scale mentre lui mette in moto un camioncino e si allontana sgommando. Sema e Gezim sono i soci della Dieffe Group, una delle 13 ditte in appalto o sub-appalto Fincantier­i, perlopiù albanesi o bengalesi, finite nella bufera.

Il primo socio al 51 per cento della Dieffe, la seconda socia al 49 per cento, non sono in sede ma all’ ora di pranzo stanno rientrando a casa. E sull’uscio rispondono a qualche domanda, non prima di un veloce confronto in lingua albanese. «Dicono che sfruttiamo i nostri operai? Non è vero: non abbiamo mai pagato nessuno 4 euro l’ora — spiega lei, mentre lui cammina su e giù per il marciapied­e — abbiamo sempre fatto tutto secondo la legge e le buste paga sono regolari». Alla richiesta se si possono vedere Sema non risponde. Interviene Gezim. «I nostri operai lavorano massimo otto ore al giorno, mai 12 o 13 come dice qualcuno – precisa —. A volte fanno lo straordina­rio il sabato ma è tutto regolare e le buste paga vanno dai 1.700 ai 2.000 euro». C’è chi sostiene (lo ha detto Ali Md Suagh titolare del Venice Grup - altra società di subappalto - arrestato un anno fa con l’accusa di estorsione) che le ditte terze siano costrette a «comprimere» i costi della manodopera a causa delle condizioni di appalto di Fincantier­i. «Con l’azienda non abbiamo mai avuto problemi», chiude Gezim. Non c’è spazio per altre domande: i due si allontanan­o ribadendo di non aver mai sfruttato nessuno. La scena si ripete con Nexhmije Hotay, socia al 100 per cento della Gma, altra ditta indagata per sfruttamen­to. Hotay abita in una piccolissi­ma via alla Gazzera, dove sono numerose le famiglie albanesi. Un cancello è totalmente dipinto di rosso con disegnata un’aquila nera a due teste: la riproduzio­ne della bandiera nazionale, Hotay abita a pochi passi. Apre la

"Hasaj Dicono che sfruttiamo le persone, ma non è vero. Abbiamo sempre fatto tutto secondo la legge

"Hotay Attendiamo i giudici, ma speriamo che non fermino il nostro lavoro. Qui mangiano molte famiglie

porta di casa, ma appena le si pone la prima domanda arriva un uomo che risponde al posto suo: Hotay non parlerebbe infatti bene l’italiano anche se dice chiarament­e di sapere poco della ditta, che sarebbe gestita dal genero. «L’azienda non ha mai pagato nessuno 4 o 5 euro l’ora — dice l’uomo — attendiamo che si pronuncino i giudici sperando che non fermino l’attività dell’azienda che dà da mangiare a tante famiglie. Le buste paga sono regolari».

C’è chi in passato si sarebbe però fatto ridare contanti dai dipendenti dopo aver versato lo stipendio. «Non lo so», risponde Hotay. «Lo so io – precisa subito l’uomo – questa cosa non esiste». Tra le ditte indagate molte sono bengalesi, tra queste c’è la Gold Bengol, ma il rappresent­ante legale, Kamruzzama­n Bhuiyan, non è in casa e il telefono è spento. Come quello di Ali Mohammed, amministra­tore della Hera Cruise, e di Nasir Abdul della Arpa Srl.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy