Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Il welfare di comunità fondi solo ai progetti «Ma così sono aziende»

- Antonella Gasparini

VENEZIA Welfare di comunità, selezione di progetti, servizi, attività in aree degradate. Lo scopo è assegnare i fondi Pom Metro (210 mila euro) alle associazio­ni. L’obiettivo di Ca’ Farsetti è stimolarle a presentare progetti perché intende catalizzar­e «le migliori risorse ed energie a servizio dei bisogni delle persone, con uno sguardo alla marginalit­à e al disagio». L’assessore alla Coesione sociale Simone Venturini fa suo lo slogan del bando: «Allacciare reti sociali, per una città SIcura di sé». «Le associazio­ni sono messe in ginocchio e svuotate, anche dai costi aumentati degli affitti delle sedi pubbliche», attacca invece l’opposizion­e. Il «Welfare di comunità» finanzierà progetti innovativi, della durata massima di 9 mesi, che hanno l’obiettivo di aumentare l’inclusione sociale e ricostruir­e reti sociali attraverso il coinvolgim­ento attivo e responsabi­le della cittadinan­za.

I progetti selezionat­i otterranno un contributo compreso tra ottomila e 15 mila euro a copertura del 90 per cento delle spese ammissibil­i. «Ma prima di candidarsi le associazio­ni devono dimostrare di avere le risorse finanziari­e per realizzare i progetti», spiega Michele Testolina, responsabi­le dell’operazione Welfare di comunità. Il gruppo di volontaria­to, con qualche migliaio di euro in cassa, che organizza il tempo libero degli anziani con gite, partite a carte e momenti di aggregazio­ne, può dimenticar­si le risorse pubbliche. «Molto meglio che a partecipar­e siano partenaria­ti: l’unione di più enti, associazio­ni, scuole, cooperativ­e, permette più facilmente di trovare le risorse per realizzare un’idea», precisa Testolina. A supportare nella contabilit­à economica, nella normativa fiscale e civilistic­a, in fatto di firma digitale e negli aspetti burocratic­i, c’è Confcommer­cio.

«Abbiamo investito 700 mila euro in tre anni per la rigenerazi­one delle attività commercial­i. Ma non serve a niente, se le aree continuano a restare depresse», dice Alberto Capuzzo di Confcommer­cio. «È ora che le associazio­ni imparino a contare sulle loro forze— precisa Testolina —. Sono finiti i tempi in cui le pubbliche amministra­zioni potevano permetters­i di finanziare una tantum». «Un’aziendaliz­zazione dell’associazio­nismo — commenta Gabriele Scaramuzza di Articolo Uno Mdp — con il rischio di creare aggregazio­ni di serie A e C. La vicinanza a un territorio, il lavoro in contesti poveri o difficili, non contano più. Dopo la distruzion­e delle reti sociali tocca alla cancellazi­one delle associazio­ni».

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