Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
RINASCERE DOPO LA PAURA
Martina è partita da Marghera per andare ad aiutare la Fondazione Querini Stampalia. Roberto da Zelarino per vedere se a Ca’ Foscari serviva una mano. Simone abita a Murano ma da 48 ore asciuga le prese dell’elettricità di decine di case in tutti i sestieri.
Secondo giorno dopo quella che chiameremo per sempre l’Acqua granda del 2019, la marea dà una tregua, il sole illumina il vero Dayafter. Cumuli di immondizie accatastate, divani messi fuori ad asciugare, armadi e letti da buttare, quadri e cimeli di famiglia all’aria, le parole di libri, diari, lettere mescolate dall’acqua, ormai illeggibili.
Ma non c’è ancora spazio per la grande tristezza. Le calli sono invase da centinaia di persone, ragazzi soprattutto, che ripuliscono, asciugano, spazzano, lavano, portano sacchi. Dalle altre città che si stanno mobilitando, gli aiuti arriveranno i prossimi giorni, forse. Oggi no, da San Marco a Rialto, dalla Celestia a Sant’Alvise, le vie del turismo sfrenato e quelle ormai ex-segrete, tutte orfane di turisti, sono inondate da un’altra folla, quella dei suoi cittadini. Veneziani e mestrini, come prigionieri improvvisamente «liberati», si riappropriano di case, negozi, musei, botteghe artigiane. Girano elettricisti, idraulici, manutentori che hanno risposto ai tanti appelli sui social (ma non erano estinti?), girano trasportatori che aiutano a fare traslochi, tassisti che portano gratis chi si deve spostare nelle ore in cui l’acqua è ancora alta..
Sembra Carnevale tanto sono affollate le calli, ma invece delle maschere ci sono ragazzi di tutte le età «travestiti» da spazzini, restauratori, dipintori, armati di phon per asciugare i libri.
Si può essere allegri dopo una calamità che ha fatto piangere il mondo? Forse no, ma apre il cuore l’immagine di così tanta gente sorridente nel giorno della solidarietà, il giorno in cui Venezia si riscopre comunità nella voglia di reagire, più che in quella di lamentarsi.
Venezia non muore e i veneziani lo sanno da secoli, anche se talvolta la convinzione vacilla, sommersi da milioni di visitatori a caccia dell’emozione della Grande bellezza, disorientati da vetrine che riflettono l’immagine di una città irriconoscibile. Oggi no. «Rialziamoci, rialziamola» dice la vignetta di Zoen, che sta spopolando sui social: due mani grandi che sollevano piazza San Marco e il ponte di Rialto. Fuori il mondo polemizza e discute (giustamente) di Mose e salvaguardia, di tesori in pericolo e di emergenze, tra le calli non c’è spazio per le polemiche, ma solo per l’orgoglio di chi vuole risollevarsi in fretta.
L’Acqua granda ha spazzato via anche gli scontri infuocati sul referendum del primo dicembre per la separazione di Venezia e Mestre. Le vite di chi abita e lavora e studia di qua e di là del ponte della libertà, sono così incrociate da far sentire tutti a casa mentre lavano, puliscono, asciugano, aprono collette per aiutare il commerciante che tutti (veneziani e mestrini) conoscono da una vita.
Ci può essere speranza dopo l’ennesima calamità che ha fatto piangere il mondo? Forse sì, se il futuro è oggi.