Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
La «lettera d’amore» dell’edicolante ai clienti «Chiudo, qui abbiamo condiviso le nostre idee»
In pensione dopo 32 anni di attività
MONTECCHIO MAGGIORE (VICENZA) Trentadue anni passati a lavorare. Ogni singolo giorno, anche la domenica. Anzi, soprattutto la domenica. Trentadue anni trascorsi incontrando persone, osservando il mondo da una finestrella circondata da riviste e quotidiani.
Correva l’anno 1987, quando il vicentino Giuseppe Maule riuscì ad avverare il suo sogno: aprire un’edicola accanto il bar gestito dalla moglie Agnese lungo viale Europa a Montecchio Maggiore. Da allora è cambiato il mondo: all’epoca non esisteva l’Unione Europea, la Germania era ancora divisa e, nell’arco di quei dodici mesi, in Italia si sarebbero alternati tre presidenti del consiglio: Bettino Craxi, Amintore Fanfani e Giovanni Goria. E lui già trascorreva le giornate nella sua edicola, svegliandosi all’alba per ritirare i quotidiani e abbassando le saracinesche la sera, sistemata la contabilità.
Ora, a 65 anni - la metà esatta dei quali trascorsa a fare «il giornalaio» - Giuseppe Maule ha deciso che è ora di godersi la meritata pensione accanto a sua moglie: la rivendita chiuderà tra quindici giorni. Intanto - lui che ha sempre venduto i testi scritti da altri - stavolta ha deciso di prendere carta e penna. L’ha fatto per scrivere una «lettera d’addio» ai tutti i suoi clienti, che è anche una dichiarazione d’amore nei confronti di una professione - quella dell’edicolante - che negli ultimi anni sta vivendo una profonda trasformazione.
Il testo, stampato su un cartoncino, l’ha sistemato in bella vista accanto alle riviste. «Ho trascorso tanti anni della mia vita in questa piccola casa dei giornali - si legge - un po’ vi conosco tutti, le vostre abitudini, le vostre passioni e le nostre idee le abbiamo condivise. In alcuni casi sono stato confessore, amico, compagno di aperitivi e caffè». È inevitabile: dopo trentadue anni, quelli che all’inizio sono «solo» dei clienti diventano una parte fondamentale della propria esistenza. «Non chiude una semplice edicola - prosegue la lettera di Maule - chiude l’attività di una piccola piazza dove si sono incrociate storie di amicizia e chiacchiere in libertà. È stata la nostra piazza, viva e semplice. In fondo non servono monumenti, rotatorie o palazzi storici per costruire un centro. Questo spazio lo è stato per 32 anni con la semplicità del quotidiano». Finisce così, a parte quel «grazie di cuore a tutti» che ieri, alla lettura della lettera, ha commosso diversi lettori.
«Chiuderò il primo dicembre e ho scelto questa data perché cade di domenica», spiega Maule. «Mi sembra giusto così: abbassare la saracinesca in un giorno di festa, come le tante festività che ho trascorso lavorando. La domenica è il simbolo dei sacrifici che richiede una professione come questa. Ma non mi sono mai pentito della scelta che ho fatto: è un mestiere meraviglioso, stimolante, che mette in contatto le persone». E ora, che farà? «Finalmente potrò godermi la famiglia. Ma sia chiaro: tutte le mattine, andrò a comprare il giornale».