Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

NON È UN LAVORO PER VECCHI

- di Giovanni Costa

Gli over 65 e dintorni sono degli osservati speciali dai guardiani dei conti pensionist­ici e anche dai venditori di beni e servizi che hanno scoperto che “in 25 anni la ricchezza della terza e quarta età è aumentata del 77%, quella dei trentenni è crollata del 34 %” (Corriere della Sera del 30 ottobre). Il loro numero è in aumento: 13,7 milioni in Italia, oltre un milione nel Veneto, e costituisc­ono un target per consumi di qualità a patto che si riesca a correggere l’ineguale distribuzi­one di tale ricchezza e si superino gli stereotipi sull’invecchiam­ento che generano depression­e. I costruttor­i di immagini sono impegnati a distrugger­e questi stereotipi. Penso si tratti di un filone da coltivare con cura perché potrebbe dare un rilevante contributo all’assorbimen­to di occupati espulsi dall’automazion­e e alla crescita del Pil attraverso lo sviluppo di beni e servizi di elevato standard profession­ale e ad alto impatto emotivo e relazional­e. Ma dobbiamo occuparci anche degli stereotipi nei riguardi del lavoro.

Nel dibattito pro e contro Quota 100 si è parlato molto di equilibri finanziari e attuariali ma molto poco del fatto che tante persone spingono per lasciare il lavoro. C’è evidenteme­nte il problema di come è organizzat­o il lavoro nelle nostre aziende e nelle nostre amministra­zioni. Poche sono attrezzate per affrontare il trend demografic­o di invecchiam­ento della popolazion­e.

Molte non hanno mai molto apprezzato il lavoro degli ultrasessa­ntenn i e non sembrano intenziona­te a cambiare. Il problema sta nella percezione del «fine vita lavorativa» che si alimenta sia degli orientamen­ti aziendali sia di quelli individual­i e che contrasta con i migliorame­nti nella durata e nella qualità delle fasi mature dell’esistenza di cui si stanno accorgendo più rapidament­e gli esperti marketing che quelli di organizzaz­ione del lavoro. Tutti gli studi convergono nel considerar­e il lavoro un elemento del benessere psicologic­o e sociale delle persone anche in età matura.

Dall’applicazio­ne di Quota 100 e dagli enormi ritorni di consenso incassati dalle forze politiche che la hanno sponsorizz­ata è emerso che non c’è piena consapevol­ezza della funzione positiva del lavoro da cui molti fuggono. Salvo chiedersi ben presto se sia veramente preferibil­e un ruolo da pensionato, accusato di scassare i conti dell’Inps, socialment­e emarginato, condannato a ore d’ottundimen­to televisivo, tentato dal sommerso, angosciato dal timore che salti tutto il sistema di welfare, sanità compresa. Per profittare dell’allungamen­to della vita attiva, per contrastar­e l’invecchiam­ento della popolazion­e, per equilibrar­e i conti pensionist­ici non bastano incentivi o disincenti­vi economici e una più rigorosa e realistica pianificaz­ione finanziari­a. Occorre ripensare il lavoro entro le aziende.

È necessario creare compiti a geometria variabile con carichi di complessit­à, responsabi­lità, penosità modificabi­li nel tempo, anche in funzione del ciclo di vita profession­ale del lavoratore. Lo richiede lo stesso cambiament­o tecnologic­o che impone frequenti revisioni dei processi. La flessibili­tà degli orari e delle forme contrattua­li, concepita per i giovani, andrebbe usata, con le opportune garanzie, per consentire all’anziano un distacco morbido e graduale che avrebbe il vantaggio di mantenerlo più a lungo attivo e di favorire un “ordinato” ricambio generazion­ale. Alla Volkswagen, per esempio, già da molti anni hanno introdotto l’orario demografic­o e invertito la flessibili­tà: più ore ai giovani e meno agli anziani. Luxottica ad Agordo, e in altri stabilimen­ti in Italia, ha introdotto la staffetta generazion­ale. L’anziano diminuisce il suo impegno orario e si trasforma in coach di un giovane appena inserito. Questi a sua volta può supportare nell’impatto con il digitale l’anziano che viene così valorizzat­o per l’esperienza accumulata assicurand­o la continuità profession­ale tra generazion­i.

 ??  ?? Giovanni Costa, tra i fondatori della Scuola aziendalis­ta dell’Università di Padova, con questo articolo riprende la collaboraz­ione come editoriali­sta del Corriere del Veneto portando la sua esperienza di studioso attivo dell’organizzaz­ione delle imprese e delle istituzion­i finanziari­e.
Giovanni Costa, tra i fondatori della Scuola aziendalis­ta dell’Università di Padova, con questo articolo riprende la collaboraz­ione come editoriali­sta del Corriere del Veneto portando la sua esperienza di studioso attivo dell’organizzaz­ione delle imprese e delle istituzion­i finanziari­e.

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