Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Dodici ore in acqua per far riaprire la città»
Li chiamano «Yellow submarine», sottomarini gialli e mai come in questi giorni il soprannome è stato più azzeccato. Gli operatori di Veritas con le loro divise gialle fosforescenti non si sono fermati mai. Decine di veneziani li hanno filmati mentre si facevano strada con i carretti, l’acqua alle coscie, schivando tavole di legno, agguantando sacchetti galleggianti. «Faccio questo lavoro dal 2007 e non ho mai visto niente di simile — racconta Massimiliano Boscolo — ho 34 anni ma dopo questi tre giorni tutti mi dicono che ne dimostro di più». Tutti i giorni dalle 6 del mattino alle 7 della sera, gran parte delle ore a tirare i carri in mezzo all’acqua, fermi solo quando davvero la marea impediva di camminare. «Magari qualcuno non capisce perché non si vede il fango per terra — dice Massimiliano — ma qui è stato proprio come un’alluvione. Ho visto persone che hanno perso tutto, commercianti che avevano appena aperto l’attività, gente che aveva finito i restauri da qualche mese». Boscolo lavora nella zona di San Barnaba, Santa Margherita dove i più colpiti sono commercianti e esercenti. «Sono la mia seconda casa, li conoscono uno a uno, mi ha fatto male vederli piangere. Abbiamo lavorato tutte quelle ore anche perché potessero riaprire presto, perché la gente potesse tornare a fare la spesa, a mangiare durante il lavoro. Qualcuno ha capito, qualcuno ha protestato perché passavamo prima dai negozianti invece che nelle case. Ma stavolta i veneziani ci sono stati vicini».