Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Summit sul Mose: sarà pronto un anno prima
Accelerati i test, si punta a novembre 2020
VENEZIA Una riunione fiume al Provveditorato per le opere pubbliche con i commissari del Consorzio Venezia Nuova Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola. Ieri l’obiettivo era accelerare significativamente i cantieri del Mose. E si è usciti con il nome di un terzo commissario, Vincenzo Nunziata (il cui incarico è esattamente aumentare «la speditezza» dei lavori), e con una nuova data di fine cantiere: novembre 2020 anziché il 31 dicembre 2021.
VENEZIA Una riunione fiume al Provveditorato per le opere pubbliche con i commissari del Consorzio Venezia Nuova Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola, con l’obiettivo di accelerare i tempi di conclusione del Mose e di arrivare a essere pronti ad alzare le paratoie in difesa di Venezia il prossimo autunno, con un anno di anticipo sul 31 dicembre 2021 del cronoprogramma attuale. E poi, in serata, l’annuncio ufficiale della nomina del terzo commissario, l’avvocato dello Stato Vincenzo Nunziata, con l’obiettivo esplicitato dal prefetto di Roma nel decreto: «Garantire una maggiore speditezza nel completamento». Senza dimenticare che giovedì scorso, a poco più di 24 ore dall’«acqua granda» di 187 centimetri, era arrivata l’indicazione del nuovo commissario «sblocca cantieri», previsto dal precedente governo, che sarà Elisabetta Spitz.
Ecco le risposte ai grandi interrogativi di questi giorni disastrosi per Venezia, con acque alte eccezionali a raffica: il Mose si poteva alzare martedì sera? La prossima volta che ci sarà un’acqua alta che cosa succederà? Quando le dighe potranno essere operative? Nella riunione di ieri è stato ribadito che il Mose ora non può funzionare. «Con un solo compressore per bocca invece dei tre previsti ci vorrebbero ore per alzare le paratoie - ammette il provveditore reggente Cinzia Zincone, confermando la tesi del Cvn - poi mancano i sistemi di comunicazione e le squadre di tecnici». L’hardware del Mose, cioè i cassoni e le paratoie, sono infatti stati conclusi a inizio anno; vanno assunti i 60 tecnici che le faranno alzare (ora c’è una sola squadra di 20 persone e infatti tutto si può testare solo una schiera per volta), poi va concluso il software, cioè gli impianti, il cablaggio degli altri due compressori, il settaggio del programma di gestione del comportamento delle paratoie
quando sono «sferzate» dalle onde. Perché il problema non è solo alzare le dighe, ma farle restare in posizione per ore in condizioni meteo-marine anche difficili, come quelle di martedì, con un vento oltre i 120 chilometri all’ora: il rischio, hanno ammesso Ossola e il progettista del Mose, Alberto Scotti, è che l’acqua superasse le paratoie, che pure da progetto sono realizzate per resistere a maree alte fino a tre metri.
Secondo il cronoprogramma, il 2019 era l’anno dei test «a freddo», cioè con condizioni buone. Il 2020 quello dei test con mare mosso, per poi arrivare a concludere il collaudo a fine 2021. Nella riunione di ieri, dopo che i ritardi del Mose sono finiti sul banco degli imputati, si è deciso di accelerare: da un lato Provveditorato e commissari hanno sotterrato l’ascia di guerra e si sono ripromessi di trovare un accordo sui soldi; dall’altro si è deciso di accelerare i test. Fiengo anche ieri ha ribadito che quando i commissari hanno iniziato a scavare nei conti del Cvn e anche di Comar (la società degli appalti, anch’essa poi commissariata dall’Anac) hanno trovato un buco di 200 milioni di euro. «Abbiamo analizzato per la Corte dei Conti 18 mila fatture di Comar, trovando margini operativi tra il 48 e il 61 per cento - ha spiegato Fiengo - Significa che per ogni 100 euro pagati, ne venivano usati la metà». Il problema è che i commissari hanno tamponato questi buchi, per esempio pagando le pendenze fiscali con l’Agenzia delle Entrate, con i soldi dei lavori e quando li hanno richiesti di nuovo il meccanismo si è inceppato: il Provveditorato può infatti pagati solo i Sal (stati di avanzamento lavori) e questo ha creato una situazione paradossale: i soldi per l’opera ci sono tutti formalmente, ma non finanziariamente. Ora si sta cercando una procedura per superare l’impasse. Quanto ai test si è deciso di concentrarli sulla bocca di porto di Chioggia, dove l’impatto sulle navi è minore: i risultati «reali» verranno poi usati per settare anche le altre bocche.
«Abbiamo sempre spinto perché i tempi fossero più serrati - dice Zincone - continueremo a farlo per evitare una cosa simile il prossimo anno». Storicamente tra fine ottobre (per esempio i 156 dell’anno scorso) e inizio novembre (il record dei 194 del 1966) si concentrano infatti le maree più elevate. «L’obiettivo è finire il Mose entro il 2021, ma spero ci siano utilizzi parziali anche prima», aveva detto il ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli. Ieri invece il sindaco Luigi Brugnaro ha chiesto «più trasparenza» sul Mose. «E’ inutile buttare lì delle date a casaccio, bisogna che ci facciano vedere i progetti e ci spieghino dubbi e problemi tecnici ha detto il sindaco - Cosa vuol dire che è finito al 93 per cento? Parliamo della parte ingegneristica».