Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
LIBRI FRADICI IN VIAGGIO
C’è anche la celebre collezione De Michelis
Sugli stendini si asciugano fogli di giornale, ritagli del Corriere, appunti, riviste che non si pubblicano più. Sui tavoli, come fiori, centinaia di libri increspati.
Sugli stendini si asciugano fogli di giornale, ritagli del Corriere, appunti, riviste che non si pubblicano più. Sui tavoli, si aprono come fiori, come bocche, centinaia di libri increspati, zuppi, deliziose edizioni Le Monnier del 1867, i tomi della storia di Venezia Treccani, pregiati volumi di arte ma anche romanzetti minori, di autori sconosciuti. La casa è invasa dalla carta che si asciuga, dall’odore acre. L’acqua ha colpito tutto il pianterreno, e lì non era mai entrata prima, e non era attesa; è stata la marea di martedì, i 187 centimetri, quelli mai visti da più di cinquant’anni. Ha inghiottito gli scaffali più bassi, a caso; il Risorgimento, un po’ di autori contemporanei, lo spazialismo in architettura, un po’ di socialismo e fascismo, molto Novecento tra la A e la P, molto Claudio Magris. Una breve collezione di Penthouse dove il professore – curioso a dirsi – recensiva romanzi serissimi negli anni Ottanta accanto alle cosce di Lory Del Santo.
La gran parte dei libri si è stretta tra gli scaffali durante l’allagamento. Alcuni, invece, sono annegati in acqua, si sono suicidati; tra questi – come una dotta citazione – l’Ortis di Ugo Foscolo. Perché i libri sono oggetti particolari, vivi. Lo sapeva bene Cesare De Michelis, che nella sua casa davanti all’Angelo Raffaele ne aveva radunati più di 60.000, in tutte le stanze tranne la cucina, un labirinto di legno e carta. Aveva preso pure un altro spazio, vicinissimo, per continuare la sua collezione quasi ossessiva; teneva ogni libro che comprava, riceveva, pubblicava con Marsilio. Sono già donati all’Università di Padova che ne comincerà la catalogazione e il trasferimento da settembre 2020. Non solo di quelli salvi, ma anche di quelli che hanno preso acqua in questi giorni. Pochissimi verranno buttati, la grandissima parte, cinquemila volumi, verranno salvati. Non hanno avuto dubbi Emanuela Bassetti, Luca e Giulia De Michelis; i libri sono partiti lunedì mattina per Bologna, dove verranno congelati, poi liofilizzati, con un procedimento che li renderà asciutti, compressi, pur senza poter togliere quelle macchie che saranno un pezzo della loro storia. Un procedimento costosissimo. La mesta carovana veneziana per Bologna partirà da qui, ma partirà anche dalla Querini, dalla Fondazione Levi, dal Conservatorio. Si è già scritto di loro e dei danni enormi patiti dalle librerie, dalla Toletta e dalla Goldoni, da Acqua Alta (praticamente scomparsa) e da Mare di Carta. Decine di migliaia di Euro ciascuna, e per chi vende libri è un salasso. Ma Venezia è fatta anche di privati, di veneziani. Che normalmente, orgogliosamente vivono qui. E tutti hanno perso qualcosa. Certo, il primo pensiero va a Pellestrina, a certe zone più popolari di Castello, a qualche casa al pianterreno, dove qualcuno si è trovato senza un letto e senza disponibilità per ricomprarlo. Certo, si può vivere senza libri ma non senza frigoriferi. È che i libri non si possono davvero ricomprare. Sono l’identità di tante case, di tante persone, sono lo stemma di un intellettuale del Novecento come De Michelis ma anche il conforto di chiunque può ritrovare i tempi della scuola, della formazione, o solo quella poesia che ti serve leggere ogni tanto. Ogni libro perso è una sconfitta amara. Mia madre, quando mi deve raccontare l’acqua alta del 1966, non parla dei mobili o delle cose di valore, ma del suo Pinocchio d’infanzia, della tristezza del doverlo buttare via. Così, è strano prendere in mano volumi umidicci o zuppi, e poi decidere di mettere sul termosifone un illeggibile saggio di filosofia, perché c’è una dedica che non vogliamo perdere, di qualcuno che non c’è più. I libri ci contengono molto più di quel che sembra. Ed è per questo che oltre agli arredi, ai mobili, ai tappeti, alle opere d’arte, tanti veneziani, giovani e meno, sono corsi ad asciugare libri. Si parla tanto di Venezia, in questi giorni, e molti ululano la morte della città. Nessuno nega i drammi, le responsabilità, la mancanza di visione di un futuro diverso dall’allagamento acquatico o turistico. Ma i veneziani che ho visto io non hanno tempo per lamentarsi, non hanno nessuna voglia di piangersi addosso. Per paradosso, io non ho mai visto una Venezia così viva