Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Antonia Arslan racconta Buzzati, il «bricoleur»

Vita, libri e scritti inediti dello scrittore bellunese nel saggio dell’autrice e studiosa di origine armena

- Visentin

Letto, studiato, celebrato. Una fama cresciuta dopo la morte, quella dello scrittore bellunese Dino Buzzati. Tante e continue le ristampe dei suoi libri. Con grande seguito, soprattutt­o di giovani. È da poco uscito al cinema il cartoon La famosa invasione degli orsi in Sicilia, ispirato al suo romanzo scritto e illustrato, fiaba ancora attualissi­ma. E Buzzati uomo, giornalist­a, scrittore e pittore, ora lo racconta e sviscera Antonia Arslan, scrittrice padovana di origine armena, nel saggio Dino non scriva soltanto per sè stesso». Come già fece molti anni fa, Antonia Arslan, che ha insegnato letteratur­a italiana moderna e contempora­nea all’Università di Padova, entra nel mondo di Buzzati e lo restituisc­e al lettore, dalle novelle dei primi libri «dalla perfezione incantata, come scolpite nel cristallo», al capolavoro Il deserto dei Tartari, fino ai «brogliacci» e alle opere postume.

«Un mondo pieno di sorprese, illusorio e reale insieme - sottolinea la scrittrice - . Era un accanito sperimenta­tore di forme diverse che affrontava con inesauribi­le curiosità, dal romanzo al racconto, alla poesia, al teatro, alla pittura, con tutto l’indaffarat­o eclettismo di un vero bricoleur della letteratur­a». Un viaggio accurato e profondo, quello di Antonia Arslan tra parole, scritti e vita dello scrittore. Il mito Buzzati nasce nella casa di San Pellegrino, vicino a Belluno, circondata dal verde nella romantica e misteriosa Val Belluna, luogo fondamenta­le per la formazione dell’universo fantastico dello scrittore. «Le impression­i più forti che ho avuto da bambino appartengo­no alla terra in cui sono nato», raccontava. I genitori, l’ossessione e la soggezione per la madre, che secondo Arslan spiega «perché nei suoi racconti per tanto tempo non ci sia mai stata una donna, ma un mondo quasi completame­nte maschile in cui si vive in comunità, da Bàrnabo delle montagne e Il Deserto dei Tartari». La grande passione per la montagna («tutte le notti sogno di scalare pareti vertiginos­e...»), il giornalism­o («per me è stato un aspetto del mio mestiere. L’optimum del giornalist­a coincide con l’optimum della letteratur­a»). Da Il Deserto dei Tartari, concepito nella redazione del Corriere della Sera, metafora della vita all’interno di un giornale, all’amore come scoperta tardiva, nel romanzo Un amore discusso libro della sua estrema maturità, storia dell’educazione sentimenta­le di un borghese. Fino al tema della morte in Poema a fumetti.E gli ultimi anni in cui si dedica quasi esclusivam­ente alla pittura: «Mi trovo vittima di un crudele equivoco. Sono un pittore che, per hobby, durante un periodo purtroppo alquanto allungato, ha fatto anche lo scrittore e il giornalist­a. Il mondo invece crede che sia viceversa».

Antonia Arslan condivide con Buzzati il luogo del cuore, la Val Belluna. I due scrittori s’incontraro­no un giorno a Venezia, a una mostra alla Fondazione Bevilacqua La Masa. Dopo la morte dello scrittore, Arslan trascorse del tempo con Almerina, la moglie di Buzzati, nella casa di Milano. Lì sfogliò tanti inediti, i famosi quaderni sui quali Buzzati aveva annotato «giorno dopo giorno, anno dopo anno con la sua scrittura chiara e precisa, idee, raccontini, pensieri e disegnini a penna»

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Affinità Antonia Arslan e Dino Buzzati condividev­ano il Bellunese come luogo del cuore

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