Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Mose, il sindaco chiede report mensili sui lavori «Basta ritardi»
Dopo la stretta sui tempi, istituzioni e politica chiedono garanzie Mattarella: «Basta ritardi». Il governatore: «Le date per iscritto»
VENEZIA Dopo l’acqua granda è la questione Mose a tenere banco per la salvaguardia di Venezia. L’opera sarà pronta per il 2020 e il sindaco Brugnaro ora chiede «report mensili» sullo stato dei lavori. Il governatore Zaia chiede che «le date siano certe e per iscritto». E dal Colle arriva un monito: «Basta ritardi».
VENEZIA «Blocchi e ritardi non sono ulteriormente accettabili». Su Mose e salvaguardia di Venezia, il monito perentorio arriva dal palazzo romano più alto: quello del Quirinale. Il Parlamento ieri ha votato una mozione bipartisan che impegna il governo a rispettare il termine del 31 dicembre 2021 e anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha richiamato tutti al massimo impegno. In realtà a Venezia, dopo il disastro dell’acqua alta – con una punta di 187 centimetri – i due soggetti che hanno in mano il pallino dell’opera, Provveditorato alle opere pubbliche e Consorzio Venezia Nuova, si sono già riuniti lunedì pomeriggio per capire come accelerare i lavori, con l’obiettivo di poter alzare le grandi dighe già fra un anno, quando tra ottobre e novembre arrivano ormai da tradizione le acque alte eccezionali. Si è parlato di accelerare i test, facendoli soprattutto a Chioggia dove non c’è il problema del Porto e delle navi, e di risolvere la questione dei flussi finanziari. «Ci dicono che sarà pronto con un anno d’anticipo - dice però un po’ scettico il governatore del Veneto Luca Zaia - ma aspetto che me lo mettano per iscritto al prossimo storico Comitatone del 26 novembre»,
Ma anche il Comune di Venezia è pronto a «braccare» Provveditorato e Consorzio sul rispetto dei tempi. «Da adesso in poi faremo il punto di quanto sappiamo sul Mose ogni mese - ha detto ieri il sindaco Luigi Brugnaro davanti al consiglio comunale - Partiamo oggi da zero, se tra un mese non ci avranno detto niente, lo riferiremo alla città». Sull’onda – è il caso di dirlo – delle polemiche, il governo ha accelerato, per ora, con le nomine: giovedì è arrivata quella del commissario «sblocca cantieri» (istituito dall’omonimo decreto dell’era «gialloverde»), che sarà l’architetto Elisabetta Spitz, già direttrice del Demanio e di Invimit, società di gestione degli immobili pubblici; lunedì pomeriggio, a due anni e mezzo dall’addio di Luigi Magistro, è stata poi riempita dalla prefettura di Roma – ma sempre su input di Palazzo Chigi – la casella del terzo
Il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro e, sotto, il commissario per il Mose Giuseppe Fiengo commissario del Cvn, e così l’avvocato dello Stato Vincenzo Nunziata andrà al fianco del collega Giuseppe Fiengo e dell’ingegner Francesco Ossola. «Ora c’è il nuovo commissario e io sono fiducioso, anche a livello governativo vedo un forte cambio di atteggiamento con il nuovo ministro delle Infrastrutture - ha detto Brugnaro, riferendosi a Paola De Micheli - L’anno scorso, l’ho detto tante volte, siamo stati fortunati. L’anno prossimo rischiamo un altro picco, non possiamo farci trovare nelle stesse condizioni». Brugnaro ha poi riaperto la questione della quota di sollevamento, che i protocolli stabiliscono a 110 centimetri. «Dobbiamo deciderlo adesso, visto che abbiamo ancora un po’ di tempo - ha concluso - Il Mose non può essere chiuso sempre, c’è anche il problema delle navi che entrano in porto».
In mezzo a tutte queste pressioni, i commissari Fiengo e Ossola tirano dritto, anche se hanno deciso di uscire
Giuseppe Fiengo Abbiamo trovato un buco di 200 milioni. Le imprese che poi se ne sono andate avevano comprato i macchinari degli impianti ma non avevano fatto i progetti
Devis Rizzo
Serve un cambio di passo e facciamo autocritica Ma i commissari sono un presidio di legalità: il business della manutenzione fa gola a molti
allo scoperto anche sulle tv nazionali: il primo lunedì alla trasmissione «Agorà Rai Tre», il secondo ieri a «Porta a Porta». Fiengo in pochi minuti ha sparato a zero sul passato. «Quando siamo arrivati abbiamo trovato un buco di 200 milioni di euro - ha detto Le tre grandi imprese che poi si sono allontanate (Mantovani, Condotte e Grandi Lavori Fincosit, ndr), avevano comprato i macchinari, ma non avevano fatto i progetti degli impianti». Si erano cioè dedicate all’«hardware» (gli enormi cassoni, le paratoie e le cerniere che li uniscono), meno al «software». Fiengo ha poi rivelato che l’analisi su Comar, la società che gestiva le poche gare d’appalto imposte dall’Ue rispetto alla modalità del concessionario unico, sta dando risultati sconcertanti. «Su richiesta della Corte dei Conti abbiamo guardato 18 mila fatture e ci siamo accorti che c’erano margini operativi che andavano dal 48 al 61 per cento - ha detto - Significa che io pagavo 100 e loro spendevano circa la metà». Tanto che è aperta un’inchiesta contabile.
Che serva un cambio di passo lo dicono da mesi anche le imprese «rimaste», a cui sono stati affidati 300 milioni di euro di cantieri «accessori» alle dighe in senso stretto: interventi ambientali, mascheramento degli edifici e delle opere, risoluzione di alcuni problemi. «Ci sono cose che vanno migliorate, è giusto che tutti facciano autocritica e si snelliscano le procedure, pagando le imprese e approvando i progetti - dice Devis Rizzo, presidente di Kostruttiva Però non vorrei che ci si dimenticasse il motivo per cui i commissari sono stati nominati: fino al 2014 al Consorzio c’è stato il malaffare con le mazzette e serviva un presidio di legalità». In questi giorni c’è stato un attacco bipartisan (Pd e Forza Italia, tra gli altri) ai commissari. «Non sono d’accordo e temo che non siano stati fatti gli anticorpi conclude Rizzo - ci sono tanti appetiti, il business della manutenzione fa gola a molti».