Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Ghedina e cinquant’anni da campione della neve «Ora vorrei dei figli»

Il discesista bellunese è arrivato al cancellett­o del mezzo secolo di vita «Ho fatto tutto con passione, cercando velocità ed emozioni»

- Di Lorenzo Fabiano

Èal cancellett­o del mezzo secolo, Kristian Ghedina. Ma per uno che la gioventù ce l’ha marchiata dentro, l’anagrafe non è che un dettaglio: «L’età è solo un numero - dice -. Ho fatto una vita da zingaro, dove domenica o lunedì, non faceva differenza; perdi la cognizione del tempo. A cinquant’anni è ovvio che non fai quello che facevi a venti, adesso la cosa che più conta è la salute. Ho una vita serena, e al mio fianco ho una compagna come Patty (l’ex azzurra di sci Patrizia Auer, ndr) che mi capisce e mi vuole bene».

A tredici anni dal suo ritiro, lei rimane uno dei campioni dello sport più amati dagli italiani. Perché secondo lei?

«Prima siamo uomini, poi campioni. Essere un personaggi­o fa comodo, sarebbe stupido non ammetterlo, ma non te ne devi approfitta­re. Ho fatto tutto per passione, sono uno genuino che si mostra per quello che è»

Una vita sempre a tutta, la sua. Com’è oggi lo scavezzaco­lli di ieri?

«Ho sempre cercato forti emozioni: e la velocità è emozione. Da ragazzino, per divertirmi avevo bisogno di adrenalina. Moto, sci, bob, arrampicat­a, sempre al limite. Oggi quello scavezzaco­lli è più pacato e responsabi­le. Tengo però a dire che nella mia carriera non ho mai perso una stagione: a quota 167, ho il record di gare di discesa in coppa del mondo. Spericolat­o sì, ma con la testa sul collo. Con la nebbia ad esempio non mi sentivo a mio agio e non correvo rischi»

Un’adolescenz­a segnata dalla scomparsa di sua madre Adriana…

«Fu una banale caduta per eccesso di confidenza. Scendeva dal Canalino Staunies del Cristallo, incrociò le punte degli sci e scivolò a valle. Oggi il Canalino porta il suo nome. Mio padre le diceva di stare attenta, ma lei era sprezzante del pericolo, come me: non ci pensi e vai. Lui si ritrovò solo con tre figli: voleva che studiassi, ma a me della scuola non fregava nulla. Passavo cinque ore a pensare ai boschi e alla vita all’aria aperta».

Lei entrò giovanissi­mo in nazionale di discesa libera. Suo padre Angelo come la prese? «Nell’86, l’anno dopo la tragedia, entrai in nazionale B di discesa. Anche mia sorella Katia era stata in squadra, ma aveva smesso dopo la scomparsa della mamma. Per mio padre la prima cosa era lo studio; voleva che mi facessi una posizione, lui che a undici anni lavorava già in panificio. Lo sport mi ha insegnato molto, è una scuola di vita». La sua storia in tre date: la prima, il 3 febbraio del 1990. «Quel giorno vinsi la mia prima gara di coppa del mondo, proprio a Cortina. È il mio ricordo più bello. Ero al rientro da Kitzbuhel dove mi ero rotto tre costole. A Cortina feci di tutto pur di poter correre. Avuto l’ok dei medici, in prova feci il miglior tempo e poi vinsi la gara davanti a un mare di folla tutta per me. Fantastico»

La seconda, il 7 aprile del 1991.

«Il mio incidente in macchina. Rimasi tre giorni in coma farmacolog­ico, sette giorni in prognosi riservata. Passai un mese in ospedale, dormivo tutto il giorno. Sembrava non potessi più tornare a sciare, ma io non vedevo l’ora di rimettermi sugli sci. Ero convinto che sarei tornato. E a novembre ero già al cancellett­o di coppa del mondo»

La terza, il 20 gennaio del 1995.

«Il recupero della miglior forma fu molto lungo. Il 20 gennaio del 1995 riassapora­i la vittoria a Wengen. Quella, è la data della mia rinascita: per stimolarmi, la mia manager mi prom i s euna Honda XL 600, la moto dei miei sogni che mio padre mi aveva sempre vietato. Alla fine ero quasi più contento per la moto, che per la vittoria»

Nel 1998 lei fu il primo italiano a vincere a Kitzbühel. Ma la spaccata del 2004 come le venne fuori?

«La stagione non era andata bene: a 35 anni mi davano per decrepito, ma io volevo arrivare fino a ai giochi di Torino. Nella ricognizio­ne feci una spaccata a bassa velocità: mio cugino che stava al traguardo la vide, mi chiamò: “Ma possibile che devi sempre fare le tue pirlate? La spaccata hai fatto, ma ne hai altre?”. “Se vuoi la faccio anche in gara” gli risposi. “Gnanca bon, gnanca omo” mi provocò, e così io la feci. Arrivai sesto e ritrovai fiducia»

Tra i tanti campioni con cui ha gareggiato, ce n’è uno con cui aveva un rapporto speciale?

«Nei miei anni più belli ebbi la sfiga di trovarmi Luc Alphand davanti. Arrivai due volte secondo dietro di lui nella classifica di coppa di discesa nel 1995 e nel 1997. Eravamo amici: “Alé Ghedò, Italia e Francia contro Austria. Coalitiòn, coalitiòn!” mi diceva. Lui era contento se vincevo. Un ragazzo simpaticis­simo»

Ha invece sempre patito le olimpiadi. Perché?

«Ne ho fatte cinque tra il 1992 e il 2006. Troppo stress: la tua vita è organizzat­a minuto per minuto, tempo per te non ne hai. Un massacro»

L’anno prossimo i mondiali, quindi i giochi del 2026: è il gran rilancio di Cortina?

«È per me un onore essere ambasciato­re del mondiale a Cortina. Non è solo un grande evento ma un’occasione importante per il futuro del nostro territorio, come lo furono le olimpiadi del ’56 e come lo saranno nel 2026»

Dica la verità: potesse, nel 2021 dal cancellett­o della pista Vertigine lei si sparerebbe fuori a razzo…

«A chi non piacerebbe correre un mondiale in casa. Mi basta però aver vinto la mia prima gara proprio a Cortina, dai»

Lei e Patrizia fate coppia fissa da anni. Ma quando lo facciamo sto matrimonio?

«Sugli sci andavo veloce, ma in quelle cose lì vado con calma. È come sciare nella nebbia, rischi di farti male (risata, ndr). Scherzi a parte, io e Patty stiamo ora pensando a metter su famiglia. Speriamo di avere presto dei bambini. Ma che vita è senza bambini? Il futuro sono loro».

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Ho fatto una vita da zingaro, dove domenica o lunedì, non faceva differenza. A cinquant’anni la cosa che più conta è la salute

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Kristian Ghedina, sugli sci riusciva anche a volare. Tante le sue passioni, alcune condivise con la compagna Patrizia (a sin)
In volo Kristian Ghedina, sugli sci riusciva anche a volare. Tante le sue passioni, alcune condivise con la compagna Patrizia (a sin)
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