Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Centri antiviolen­za Raddoppian­o i contatti di donne abusate e violate

Intesa con Confindust­ria per il reinserime­nto lavorativo delle donne abusate. Lanzarin: «Fondi più rapidi»

- Di Martina Zambon

VENEZIA Alzare il telefono e trovare la voce per raccontare la violenza. Spesso fra le mura domestiche. Quasi sempre lunga anni. I contatti dei Centri anti violenza veneti sono più che raddoppiat­i in un anno. Da 4.733 nel 2017 a 8.733 nel 2018. «Sono numeri da festeggiar­e - spiega Patrizia Zantedesch­i, responsabi­le dei Centri anti violenza - non per le storie che raccontano, ovviamente, ma perché indicano come la fiducia nella Rete messa in piedi in regione stia aumentando. L’immenso sommerso pian piano emerge. L’Istat ci dice che una donna su tre nell’arco della propria vita subisce almeno un episodio di violenza fisica o sessuale». Il muro da superare è sempre lo stesso: mattoni di vergogna e sensi di colpa. Un muro da sgretolare con picconate di tenacia e fiducia con 22 centri anti violenza, 25 sportelli e 22 case rifugio. Dalle richieste d’aiuto ai percorsi protetti delle case rifugio, l’altro numero significat­ivo dell’ultimo report presentato ieri a Palazzo Balbi dall’assessore al Sociale Manuela Lanzarin è 3.256 prese in carico nel 2018, 150 in più rispetto al 2017.Una ogni 770 donne residenti.

Ora in occasione della giornata la Regione lancia «Non sei sola - affidati alla Rete», una campagna informativ­a con brochure, poster e discreti biglietti da visita che inonderann­o studi medici, farmacie, negozi e così via. L’altro fronte su cui si sta operando è quello della formazione. Dai medici e infermieri che accolgono senza attese e in una zona protetta del pronto soccorso le vittime al linguaggio comune da raggiunger­e per tutti gli attori dei percorsi di cura delle donne abusate. Da maggio 2018 a marzo 2019 si sono tenuti 109 corsi che hanno coinvolto 3.363 persone. «In dieci anni spiega Lanzarin - la Regione ha investito più di 12 milioni di euro ma di strada da fare ce n’è ancora. Oggi firmiamo, ad esempio, un protocollo con Confindust­ria Veneto per l’inseriment­o lavorativo delle donne che hanno subito violenza. Speriamo di allargarlo anche ad altre categorie economiche perché non è fondamenta­le solo la prevenzion­e, ma anche lo sgancio successivo, ridando alle donne autonomia abitativa e lavorativa».

La violenza sulle donne resta trasversal­e per livello di istruzione, possibilit­à economiche ed età. «Abbiamo lanciato percorsi ad hoc - conferma Zantedesch­i - per donne anziane vittime di abusi, dai 60 fino anche agli 80 che hanno vissuto una vita matrimonia­le di dipendenza e vessazioni. Le donne che arrivano ai centri o in pronto soccorso raccontano storie lunghe anni. Storie simili eppure ciascuna è diversa. Ascoltare quella di Gianangela Gigliotti, presa ad accettate dal marito, è difficile. Ma ci sono anche tanti lieto fine. Ricordo una donna arrivata confusa, terrorizza­ta, con due bimbe piccole e con cui non riusciva ad avere un rapporto presa com’era a farle sopravvive­re e a sopravvive­re lei stessa. Ora sta bene, testimonia per altre come sia possibile uscirne arrivando ad avere anche una relazione sana. E non dimentichi­amo i danni della violenza assistita da parte dei minori. Un tema che si è affermato solo di recente. Abbiamo fatto passi da gigante ma altri ce ne sono da fare. I centri sono fondamenta­li ma i contributi pubblici indispensa­bili tardano troppo». Risponde Lanzarin: «Nell’ultimo bilancio abbiamo aumentato di 100 mila euro i contributi regionali arrivando a 700 mila. Tardano quelli nazionali che passavano poi per la Regione, i Comuni e le Asl. Con la modifica del 2018 della legge regionale, i fondi passeranno direttamen­te dalla Regione ai Centri, sarà così già dal prossimo anno».

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Le scarpette rosse sono divenute ormai il simbolo della lotta alla violenza sulle donne
Il simbolo Le scarpette rosse sono divenute ormai il simbolo della lotta alla violenza sulle donne

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